VISTO DAL PRESIDENTE/ Anagrafe nazionale popolazione residente:un’altra incompiuta?

Anpr, rischio sprechi da evitare

Necessario un cambio di rotta per attuare il progetto

 

di Bonfiglio Mariotti

 

Il progetto Anpr (Anagrafe nazionale popolazione residente) ha criticità troppo evidenti, per questo vale la pena ricordare, a beneficio del governo, della Funzione pubblica, di Agid e degli altri soggetti interessati, gli obiettivi di un così importante elemento di modernizzazione del paese. Partito con l’ambizione di superare tutti i limiti e le difficoltà fino ad allora riscontrate, l’Anpr, in base al dpcm n. 109 del 23 agosto 2013, prevede modalità di funzionamento che si basano su due modelli operativi d’implementazione: da un lato la cooperazione applicativa con i gestionali dei comuni (via web services), dall’altro un’applicazione per gestire la base dati mediante un’interfaccia web (mediante web application) commissionata a Sogei. L’idea di base, chiara e vincente, centrava due importanti obiettivi: primo, alimentare una banca dati centrale in tempo reale ed automaticamente grazie all’interoperabilità con i sistemi gestionali in uso presso le anagrafi dei comuni, senza impatti sugli operatori che avrebbero continuato a utilizzare i sistemi che ben conoscevano e, secondo, garantire il servizio di sempre al cittadino, grazie all’affidabilità degli applicativi gestionali forniti dai produttori di software. Oltre a ciò, lo stato rendeva disponibile un applicativo web per la consultazione e la manutenzione dei dati da parte delle amministrazioni centrali e come valido ausilio per i comuni più piccoli, quelli con esigenze limitate. Dunque, in origine, c’era una strategia chiara dell’esecutivo e del legislatore i quali, però, nel corso degli anni, e, in particolare, negli ultimi mesi, sembrano aver perso di vista l’obiettivo di creare l’Anagrafe nazionale della popolazione residente. Oggi, la web application, inizialmente pensata come sussidiaria e aggiuntiva rispetto all’interoperabilità con i sistemi gestionali dei comuni, è diventata, a detta dei responsabili del progetto, dapprima alternativa e, ora, addirittura prevalente, puntando a sostituire le applicazioni in uso presso i comuni. Mentre affido al garante le considerazioni sulla difesa del mercato e della libera concorrenza, e alla politica quelle sull’opportunità delle società statali in-house, devo constatare che qualcosa ha fatto mutare la rotta e, nel contempo, perdere di vista gli obiettivi qui riassunti. Si sta sottovalutando, per di più, il fatto che la completezza e la ricchezza funzionale degli applicativi demografici è frutto di un know-how trentennale, ben radicato fra i funzionari comunali e nelle aziende fornitrici, che non può essere trasferito tout court all’azienda di stato. Questa svolta ha depresso e scoraggiato le aziende, provocando dispendio di energie per rincorrere i vari casi d’uso, completare la web application e realizzare i web services per l’interoperabilità come sottoprodotto delle funzionalità dell’applicazione web di Sogei, invece che per progettare un’interfaccia con i gestionali semplice, leggera e funzionale all’obiettivo di alimentare la banca dati centrale. Da un confronto tra web services e web application, emergono chiari i vantaggi della prima soluzione in termini di usabilità integrata con i software che gestiscono tutte le funzioni di un comune. Le software house, impegnate da un anno a questa parte a fare i conti con continue variazioni delle specifiche tecniche, non intravedono, a tutt’oggi, il traguardo dello sviluppo, né, tantomeno, dei test e neppure del possibile delivery ai comuni clienti. Sembra di assistere, per quanto riguarda il metodo e le conseguenze, al remake di un altro film, quello su Sistri. Tutti hanno ben presente che il progetto Sistri, partito nel 2009 col proposito di creare anch’esso una banca dati centrale a disposizione delle autorità, ha subito una sorta di mutazione diventando invece un sistema gestionale ingombrante, costoso e sovrapposto a quello in uso presso le aziende. Il risultato? Il paese lo ha rigettato, obbligando il governo a istituire una nuova gara per un nuovo progetto, tuttora in corso e di cui non si vede ancora la fine. Quindi se non vogliamo che anche Anpr diventi l’ennesimo progetto incompiuto, sarà meglio correre subito ai ripari, riportandolo alle origini e cioè al suo obiettivo di creare l’Anagrafe nazionale della popolazione residente e non il nuovo gestionale dei comuni. Per vedere un lieto fine, basta mettersi a tavolino e concentrarsi sull’interoperabilità con i sistemi gestionali già in uso nei comuni, solo in questo modo potremo realizzare in fretta il progetto e centrare l’obiettivo.

Articolo Italia Oggi_04-05-2016.pdf