di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware
Il decreto crescita ha previsto – per i soggetti titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni – la possibilità di continuare a fruire del superammortamento, per gli investimenti effettuati a partire dal 1° aprile, fino al 31 dicembre 2019 (articolo 1 del Dl 34/2019). Compresi quelli effettuati entro il 30 giugno 2020, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.
La maggiorazione, che si applica sia in riferimento alle quote di ammortamento che ai canoni di locazione finanziaria, rimane confermata al 30% del costo di acquisizione del bene, mentre rimangono del tutto invariate le precedenti regole che riguardavano le esclusioni dei veicoli e degli altri mezzi di trasporto all’articolo 164, comma 1, del Tuir.
La vera novità è però l’introduzione di un nuovo limite, per effetto del quale la maggiorazione non si applica sulla parte di investimenti complessivi eccedenti il tetto dei 2,5 milioni di euro. Tale limite è in qualche modo analogo a quello – da applicarsi a scaglioni fino a un massimo di 20 milioni di euro – introdotto per l’iperammortamento, con la proroga dalla legge di Bilancio (articoli 1, commi da 60 a 65, della legge 145/2018), con l’evidente intento di agevolare gli investimenti soprattutto delle piccole e medie imprese.
L’introduzione del limite rende sicuramente più complessa l’elaborazione del calcolo della maggiorazione, dovendosi tener conto di tutti gli investimenti complessivamente effettuati, siano essi relativi a beni acquistati, che a beni acquisiti in locazione finanziaria. Proviamo quindi, di seguito, a individuare i punti critici legati all’applicazione pratica della nuova normativa.
Le criticità del calcolo
Se già sappiamo che gli investimenti complessivi – tra beni strumentali acquistati e beni strumentali acquisiti in locazione finanziaria – sono di ammontare non superiore a 2,5 milioni di euro, non avremo problemi e calcoleremo la maggiorazione sul singolo bene, applicando l’aliquota del 30% su tutte le quote di ammortamento ovvero sulla parte fiscalmente rilevante di tutti i canoni di locazione finanziaria dei beni agevolabili. Se invece – ad esempio – siamo in presenza di investimenti complessivi per 3,0 milioni di euro, sappiamo che una parte di essi (fino a 2,5 milioni) godrà del beneficio del 30% e i restanti 500 mila euro non godranno di alcun beneficio.
Il procedimento per addivenire alla quantificazione del beneficio non è comunque per nulla chiaro. Infatti se l’investimento fosse ipoteticamente uno solo e la fruizione fosse di durata pari all’intero esercizio, il calcolo della maggiorazione sarebbe piuttosto semplice.
Poiché, però, la fruizione anche solo di un singolo investimento non è mai pari alla durata dell’esercizio stesso, tenuto anche conto che l’agevolazione non può che partire dal 1° aprile 2019 o in data successiva, per poter elaborare il calcolo in modo corretto rimane da risolvere il dubbio se occorra o meno tener conto del momento in cui è avvenuto l’investimento e del periodo di fruizione dello stesso.
Se poi immaginiamo di avere più investimenti, occorre dirimere l’ulteriore dubbio se – ai fini del calcolo del beneficio – tali investimenti devono essere visti come “aggregati” tenendo anche conto della durata degli stessi nell’esercizio e, nel caso, come devono essere confrontati con il limite di 2,5 milioni di euro.
Nell’ipotesi seppur remota – poi – di investimenti la cui agevolazione è sottoposta a deducibilità ridotta, bisognerebbe anche sapere se il valore degli investimenti da confrontare con il limite di 2,5 milioni di euro è quello fiscalmente rilevante oppure è il valore pieno.
Il metodo da applicare
Come AssoSoftware abbiamo deciso di non proporre – né prediligere – nessuna soluzione di calcolo, in quanto le ipotesi di possibili soluzioni alternative sono così diverse, da risultare difficilmente conciliabili tra di loro. D’altra parte ogni casistica che si è provato a esaminare è accompagnata da così tanti dubbi interpretativi, da rendere difficoltoso trovare una strada che si possa definire quella sicuramente corretta e valida per tutti. Ne consegue che la scelta di un’eventuale modalità di calcolo condivisa da adottare, non potrà che essere fornita dall’agenzia delle Entrate, qualora deciderà di esprimersi sull’argomento.
Si preannunciano in ogni caso interventi non banali alle procedure informatiche; come AssoSoftware non possiamo che auspicare indicazioni chiare e possibilmente semplificate.
In attesa di un possibile pronunciamento da parte dell’Agenzia delle entrate, le software house associate ad AssoSoftware stanno adeguando i propri software, elaborando perlomeno il calcolo “base”, nel caso in cui gli investimenti rientrino nel limite dei 2,5 milioni di euro.
Nel caso di superamento del limite dei 2,5 milioni di euro, ciascuna software house potrà decidere se attendere un eventuale pronunciamento dell’Agenzia oppure se sviluppare un proprio algoritmo di calcolo. AssoSoftware continuerà a essere al fianco dei propri associati per coordinare il dialogo con le istituzioni e per reperire il supporto informativo connesso alla corretta interpretazione delle norme, necessario alla realizzazione dei software gestionali.