Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware
Con la risoluzione 40/E/2019, l’agenzia delle Entrate è intervenuta recentemente sul tema del credito d’imposta per investimenti in attività di R&S (articolo 3 del Dl 145/2013), andando a valutare l’ammissibilità al beneficio di un progetto d’investimento avente per oggetto attività connesse alla messa in opera e all’utilizzo di un nuovo software, in grado di efficientare in maniera rilevante e innovativa i processi dell’azienda istante.
Il verdetto delle Entrate, che – come vedremo nel prosieguo – nel caso specifico è stato negativo, merita un’analisi più approfondita, da cui scaturiscono alcune considerazioni che potrebbero portare a conclusioni diverse, qualora non fosse il software a essere considerato meritevole del beneficio, bensì il servizio che tramite tale software viene erogato, avendo il servizio stesso i requisiti essenziali e imprescindibili necessari per fruire del credito d’imposta.
La risoluzione: l’innovazione di processo non è R&S
In premessa la risoluzione ricorda che le attività qualificabili come R&S sono quelle relative ai progetti intrapresi per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento, cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o anche servizi) o processi o al miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti. Si tratta, quindi, di attività che necessariamente si caratterizzano per la presenza di elementi di novità e creatività e da un grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico.
Proprio per tale ragione, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche, e quindi producendo un benefico per l’intera economia, le attività di R&S sono potenzialmente meritevoli di essere incentivate con la concessione di contributi pubblici.
Nel campo di applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività di tipo innovativo che l’impresa intraprende, ma esclusivamente quelle che, nell’ambito del più ampio processo d’innovazione, si caratterizzino per la presenza di reali contenuti di R&S secondo i criteri di classificazione e qualificazione sopra indicati e che, in questo caso, devono intendersi valevoli anche in relazione al settore del software, nel cui ambito si collocano gli investimenti effettuati dalla società istante.
Proprio con riferimento alle attività di sviluppo software, con la circolare 59990 del 9 febbraio 2018, è stato chiarito che anche in tale settore l’applicabilità del credito d’imposta è pur sempre legata allo svolgimento di lavori o progetti tesi al superamento di ostacoli tecnici o scientifici non risolvibili con le conoscenze già disponibili (stato dell’arte nel settore) ed è stato inoltre osservato che tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla cosiddetta gestione applicativa di un software non rientrano tra le attività di R&S nell’accezione rilevante agli effetti dell’applicazione del credito d’imposta. Ai fini della qualificazione del credito d’imposta mancherebbero, tra l’altro, i requisiti del rischio dell’insuccesso tecnico e del rischio finanziario.
In altri termini, le attività intraprese dalla società istante, pur rappresentando investimenti innovativi, si sostanziano nell’applicazione di moderne tecnologie già note e già introdotte anche nel settore di appartenenza e si ricollegano, in senso ampio, alla “digitalizzazione” dei processi di produzione, che devono più correttamente essere inquadrati nella categoria “innovazione di processo”, che non rientra tra le fattispecie ammissibili al credito d’imposta.
L’esclusione delle «innovazioni di processo» è stata espressamente ribadita dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione 46/E/2018.
L’innovazione deve riguardare il prodotto (bene o servizio) e non i mezzi utilizzati per ottenerlo
Un’innovazione, per essere meritevole di essere incentivata con la concessione di contributi pubblici:
•deve essere caratterizzata dalla presenza di reali contenuti di R&S;
•la R&S, per essere tale, deve essere caratterizzata da un grado di incertezza e/o da un rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico, cui deve essere connesso anche un rischio finanziario.
In ambito software, non rientrano nell’accezione rilevante agli effetti dell’applicazione del credito d’imposta:
•le attività volte alla progettazione e realizzazione di funzionalità software con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note;
•le attività concernenti la personalizzazione di software esistenti;
-le altre attività riferibili alla manutenzione e all’implementazione degli stessi.
Ma proprio da qui potrebbero nascere alcune perplessità. La risoluzione, infatti, incentra tutte le sue argomentazioni sul fatto che l’agevolazione riguardi la produzione del software. E nel caso così fosse, nulla vi sarebbe da eccepire.
Ma in questo caso il prodotto non è il software, bensì il servizio erogato. Quindi l’investimento in software è solo il mezzo tramite il quale è possibile innovare il processo.
In altre parole, non abbiamo un’azienda che produce un software e che richiede un’agevolazione per la produzione del proprio software innovativo, frutto di attività di R&S. Abbiamo un’azienda che eroga servizi e che utilizza un nuovo software per migliorare il proprio prodotto “servizio”, che di fatto, per alcune tipologie di aziende commerciali, consiste nell’insieme dei propri processi.
Ma un servizio innovativo può essere considerato meritevole dell’agevolazione per R&S? In alcuni casi – a nostro parere – sicuramente sì. D’altra parte potremmo non considerare R&S molte delle innovazioni a livello di piattaforma messe in essere in questi ultimi anni non solo dai grandi colossi del web, ma anche da aziende più piccole e radicate nel nostro territorio nazionale, che provano a realizzare continuamente – tramite software – nuovi servizi innovativi, di cui alcuni producono effettivamente valore, mentre altri non hanno successo e vengono presto dimenticati e poi abbandonati? In questo caso non è il software che deve essere agevolato, ma lo sono i servizi che vengono erogati tramite le citate piattaforme web.
Servizi, quindi, che dispongono di tutti i requisiti di cui deve essere caratterizzato un investimento agevolabile (novità e creatività, grado di incertezza, rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico o finanziario, eccetera).
Proviamo a fare un altro esempio, sempre inerente all’ambito informatico. Se una casa costruttrice di automobili decide di investire nella progettazione di un nuovo sistema di guida autonoma, nessuno avrà dubbi che si tratti di R&S. Questa casa utilizzerà – come base di partenza – un sistema composto da telecamere e un software di riconoscimento delle immagini. Non inventerà le telecamere, ma le acquisterà sul mercato, al più richiederà al fornitore di telecamere delle caratteristiche specifiche per operare in condizioni particolari, quali il buio e la nebbia. E non inventerà un nuovo software di riconoscimento delle immagini video, cercherà sul mercato una piattaforma informatica che già effettua queste attività in altri ambiti e cercherà di farla evolvere ai propri fini, in accordo e con la collaborazione del proprio reparto o fornitore software.
Quindi R&S non vuol dire necessariamente inventare tutti i componenti di base, ma utilizzare le migliori tecnologie esistenti, anche in altri ambiti, e sfruttarle per produrre un prodotto (bene o servizio) innovativo. Quindi, sebbene l’estensore della Risoluzione – che, ricordiamo, ha valutato la specifica richiesta dell’azienda avendo a disposizione l’intera documentazione prodotta dall’istante – abbia ritenuto tale investimento come un’innovazione di processo e non come R&S, in altri casi potrebbe non essere sempre corretto considerare ogni investimento che contempli l’utilizzo di software come non agevolabile.
È chiaro che acquistare un software gestionale di mercato di per sé non è R&S. Tuttavia lo potrebbe diventare qualora tramite lo stesso – al di là degli adattamenti e delle personalizzazioni necessarie – si riesca nell’intento di realizzare un nuovo servizio, provvisto di elementi di novità e creatività e lo si faccia dopo una serie di studi e tentativi atti a superare il grado di incertezza e di rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico connessi a tale tentativo.
Chiaramente valutare il tutto è molto complesso, quello che deve essere chiaro è che – affinché spetti il beneficio – deve esserci una vera innovazione e non semplicemente un allineamento della produzione dell’azienda agli standard di mercato.