di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware

Novità interessante e che merita alcune riflessioni, quella dell’esonero dalla tenuta dei registri Iva per i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica, recentemente introdotto dal nostro legislatore in fase di conversione del decreto dignità (Dl 87/2018).

Dal punto di vista tecnico-giuridico va segnalato che il legislatore ha aggiunto all’articolo 11 del Dl 87/2018, con la legge 96/2018 di conversione, il comma 2-bis che va ad integrare l’articolo 1 del Dlgs 127/2015, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati, aggiungendo ad esso il comma 3-ter riportato a seguire: «3-ter. I soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ai sensi del comma 3 del presente articolo sono esonerati dall’obbligo di annotazione in apposito registro, di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».

Da una prima lettura questa disposizione risulta piuttosto confusa, laddove indica quali beneficiari dell’esonero «i soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute» (quindi lo spesometro) precisando però poi «ai sensi del comma 3», laddove tuttavia il comma 3, essendo stato modificato già con effetto dal 1° gennaio 2018, fa ora riferimento alla «fatturazione elettronica» e non più alla «comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute». Quindi lo spesometro non c’entra più nulla.

Di conseguenza – ragionevolmente – la sua applicazione dovrebbe comportare l’esonero soggettivo dalla tenuta dei registri Iva per tutti i quei contribuenti che, per effetto delle disposizioni di cui al novellato articolo 1, comma 3, del Dlgs 127/2015, risultano obbligati all’adozione della fatturazione elettronica.

In altre parole – almeno apparentemente – l’esonero dalla tenuta dei registri Iva sembrerebbe riguardare qualunque soggetto passivo obbligato all’adozione della fatturazione elettronica nella sua soggettività, quindi sia nel caso in cui questi emetta o riceva elusivamente fatture elettroniche, sia nel caso in cui emetta o riceva anche fatture cartacee, in tutti quegli ambiti in cui non sussiste l’obbligo di fatturazione elettronica (per esempio per le fatture emesse verso soggetti stabiliti in paesi esteri o per le fatture ricevute da soggetti esonerati, eccetera). L’esonero ha effetto dal 12 agosto 2018, ossia dal giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione nella «Gazzetta Ufficiale».

I dubbi sulla possibilità di adottare tale interpretazione estensiva sono però davvero molti, per cui riteniamo utile provare a fare qualche riflessione, soprattutto in un’ottica di una gestione informatizzata degli adempimenti Iva e fiscali, in attesa di una presa di posizione chiara e precisa da parte dell’agenzia delle Entrate che – immaginiamo – non potrà esimersi dal pronunciarsi in modo ufficiale su una problematica così delicata e di interesse generale.

La finalità perseguita dal legislatore
Gli obiettivi del legislatore in tema di fatturazione elettronica, li conosciamo bene oramai tutti:
•obblighi verso l’Europa in tema di controllo dell’evasione dell’Iva;
•semplificazione dell’intero sistema amministrativo delle imprese italiane, con un’importante riduzione dei costi a regime a livello di sistema-paese per tutte le imprese;
•semplificazione del sistema tributario, perlomeno per i soggetti di minore dimensione, con predisposizione delle dichiarazioni Iva e redditi “precompilate”, da parte dell’agenzia delle Entrate, correlata a una semplificazione graduale delle norme fiscali al fine di permettere un’elaborabilità centralizzata dei dati.

È chiaro quindi, che l’introduzione di una disposizione che introduce l’esonero dalla tenuta dei registri Iva non può che inserirsi in quest’ultimo contesto, laddove la disponibilità a livello centralizzato di un repository (archivio informatico centralizzato) contenente tutte le fatture elettroniche, utilizzabili dall’agenzia delle Entrate per la predisposizione delle liquidazioni periodiche Iva e della dichiarazione annuale Iva, fa chiaramente venir meno la necessità di tenuta dei registri Iva in capo al soggetto passivo.

Ebbene, la prima sensazione è che questa norma sia stata concepita per operare all’interno di un sistema già perfettamente a regime, laddove tutti i documenti siano già contenuti nel suddetto repository, dal quale l’agenzia delle Entrate può attingere tutte le informazioni per predisporre in modo automatico e completo tutte le dichiarazioni in ambito Iva e fiscale.

Oggi però la base dati informativa centralizzata dell’agenzia delle Entrate non è ancora sufficientemente completa per un’elaborazione centralizzata, per cui ad esempio abbiamo:
•fatture cartacee emesse o ricevute da soggetti stabiliti in paesi esteri i cui dati, che dovranno essere trasmessi al Sdi con cadenza mensile, non sono attualmente tutti contenuti all’interno della comunicazione delle operazioni transfrontaliere, per cui non sempre sarà possibile per l’agenzia delle Entrate elaborare i modelli di liquidazione e di dichiarazione Iva “precompilati”;
•fatture cartacee emesse da soggetti esonerati le cui informazioni non sono presenti nel repository dell’agenzia delle Entrate (si tratta dei soggetti in regime di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del Dl 98/2011, dei soggetti che applicano il regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 190/2014, dei produttori agricoli di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Dpr 633/1972, introdotti dal provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018).

Oltre a tali tipologie di fatture non elettroniche, i registri Iva – in particolare per i soggetti in regime di contabilità semplificata – molto spesso contengono informazioni necessarie alla predisposizione delle dichiarazioni fiscali, quali ad esempio:
•dati relativi agli ammortamenti fiscalmente rilevanti, nei molti casi in cui non sia stato istituito il registro dei beni ammortizzabili;
•i costi del personale;
•le altre tipologie di costi (o ricavi) non documentati da fatture, quali ad esempio gli affitti.

È chiaro, quindi, che seppure venisse confermata in via interpretativa dall’agenzia delle Entrate la possibilità, per i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica, di essere esonerati dalla tenuta dei registri Iva, la scelta di avvalersi di questo esonero dovrebbe comportare – a rigor di logica – ad esempio la perdita della possibilità di dedursi tutti quei costi attualmente annotati sui suddetti registri, nonché di detrarre l’Iva delle fatture cartacee emesse da fornitori esonerati.

In altre parole – forse estremizzando, ma neppure troppo – è come dire che, qualora si decidesse di fruire dell’esonero dalla tenuta dei registri Iva, la detrazione dell’Iva e la deduzione dei costi dovrebbe limitarsi esclusivamente a quanto documentato dalle fatture elettroniche passive presenti nel repository, non potendosi utilizzare le fatture cartacee e i giustificativi degli altri costi in quanto non annotati sui registri Iva. Quindi delle due l’una:
•o l’agenzia delle Entrate, in via interpretativa ci dirà che i registri Iva dovranno essere comunque mantenuti se si vorrà operare la detrazione dell’Iva delle fatture passive cartacee e la deduzione fiscale dei costi non-Iva;
•oppure l’agenzia delle Entrate, in via interpretativa ci dovrà dire che la detrazione dell’Iva delle fatture passive cartacee e la deduzione fiscale dei costi non-Iva, potrà essere operata anche in assenza di registri Iva.

Quest’ultima ipotesi, che sarebbe quella auspicabile per il contribuente, ci sembra piuttosto remota, in quanto è probabile che tale scelta non possa essere presa in via interpretativa, ma debba essere accompagnata da alcune modifiche a livello a livello normativo.

Il punto di arrivo
A oggi possiamo dire con ragionevole certezza che l’esonero c’è, in quanto previsto da norma di legge, ma se si decide di fruire dello stesso si rischia di andare incontro a qualche spiacevole inconveniente. È evidente che, al momento, l’unica strada realisticamente percorribile non può essere che quella di mantenere i registri Iva, con le attuali modalità, tenendo presente che è sempre possibile avvalersi delle disposizioni all’articolo 19-octies, comma 6, del Dl 148/2017, che dallo scorso anno consente la trascrizione dei registri Iva su supporti cartacei anche soltanto a seguito di specifica richiesta in sede di controllo da parte degli organi verificatori, purché in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici.

Va anche detto che l’utilizzo dei software gestionali permette già da molti anni di operare con estrema facilità e rapidità, in quanto le funzioni di predisposizione dei registri Iva finalizzate alla stampa e alla conservazione digitale, di regola risultano di uso semplice e veloce. Allo stato dell’arte della conoscenza, è quindi sicuramente consigliabile continuare a produrre sempre e comunque i registri Iva.

Al più si potrà fruire dei benefici di questa norma per una difesa, in sede di accertamento o di contenzioso tributario, ovvero nel caso in cui vengano comminate sanzioni formali sulle modalità di tenuta dei registri Iva, in quanto si potrà sostenere che i registri Iva sono stati tenuti per facoltà e non più per obbligo. Ad esempio nel caso di una fattura elettronica non annotata, si potrà comunque sostenere la spettanza della detrazione dell’Iva della stessa.
Oltre a ciò è difficile poter dire che l’esonero dalla tenuta dei registri Iva potrà avere effetti reali a breve e medio termine. Chiaramente tutto sarà diverso quando l’interno sistema fiscale sarà adeguato e reso compatibile con un utilizzo informatico dei dati Iva e fiscali e quando tutte le informazioni saranno tutte presenti sui repository dell’agenzia delle Entrate.

 

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