di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware
Davvero interessante l’apertura dell’agenzia delle Entrate nei confronti del car pooling aziendale, uno dei più interessanti servizi innovativi di welfare aziendale, che permetterà sempre di più – grazie alla disponibilità di apposite piattaforme informatiche – l’utilizzo da parte dei dipendenti riders (passeggeri) delle autovetture personali messe a disposizione dai dipendenti drivers (conducenti) per recarsi al lavoro, in una condivisione organizzata e normata da regole chiare, compreso il pagamento calcolato ed effettuato tramite l’app dello smartphone o il portale web dell’azienda.
Un’apertura che, da una parte, prende atto della spinta ecologista che sta oramai orientando i governi e le amministrazioni, in ogni parte del mondo, a incoraggiare soluzioni di mobilità più sostenibili, sgravando le stesse da ogni forma di tassazione disincentivante. Dall’altra, addirittura le incentiva, acconsentendo sia la deducibilità dei costi sostenuti delle imprese, sia la fruizione di benefici fiscali per i dipendenti drivers, nel caso vengano loro erogati dall’azienda incentivi per il servizio prestato.
Con un risultato importante sia per i tutti dipendenti (riders o drivers) – che potranno risparmiare considerevolmente sui costi di viaggio – sia anche per le aziende, che potranno contare su una maggiore puntualità dei lavoratori, favorendone la socializzazione anche a vantaggio della produttività.
Proviamo a vedere più in dettaglio le indicazioni fornite dall’agenzia delle Entrate con la risposta 461 del 31 ottobre 2019, in riferimento agli aspetti fiscali del servizio di car pooling aziendale.
Cinque domande e cinque risposte (tutte positive)
Va premesso che in questo contesto il car pooling aziendale viene inteso come un sistema di trasporto non professionale, basato sull’uso condiviso di veicoli privati tra due o più persone che devono percorrere uno stesso itinerario, messe in contatto tra di loro tramite un portale dedicato, fornito direttamente dal datore di lavoro o da un suo intermediario incaricato, senza che per questi ultimi possa essere previsto alcun tipo di corrispettivo per la prestazione di trasporto.
L’interpello è stato posto da una società che ha realizzato una piattaforma informatica che permette alle aziende (datori di lavoro) sue clienti, di erogare il servizio aziendale di car pooling ai propri dipendenti.
Ben cinque le domande poste all’agenzia delle Entrate, tutte e cinque sostanzialmente con esito positivo, seppur in qualche caso supportate da motivazioni giuridiche diverse rispetto a quelle ipotizzate dall’istante. Poco male, visto che comunque il via libera è stato dato.
1) Rilevanza tributaria del benefit in capo al dipendente
Il primo quesito riguardava la rilevanza tributaria, ai fini del reddito di lavoro dipendente, del benefit recato ai propri dipendenti da una società che eroga – tramite piattaforma informatica – il servizio di car pooling aziendale.
Sul punto l’agenzia delle Entrate ha precisato che risulta applicabile articolo 51, comma 2, lettera f), del Tuir, che riconosce l’irrilevanza reddituale relativamente all’«utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari».
Nel caso in trattamento, poiché il datore di lavoro mette a disposizione della generalità dei propri dipendenti una piattaforma informatica, il cui utilizzo è lasciato alla volontà dei lavoratori, è evidente che l’utilità in natura recata ai dipendenti dal servizio di car pooling aziendale non genera reddito di lavoro dipendente.
2) Deducibilità dei costi della piattaforma in capo al datore di lavoro
Con il secondo quesito sono state richieste delucidazioni in merito alla deducibilità, dal reddito d’impresa del datore di lavoro, dei costi sostenuti per i servizi di car pooling aziendale forniti ai dipendenti attraverso la piattaforma e sulla rilevanza o meno di tali costi ai fini dei limiti previsti dall’articolo 95 del Tuir.
Sul punto l’agenzia delle Entrate, dopo aver ricordato che ai fini della irrilevanza fiscale i servizi di car pooling forniti devono essere indirizzati alla generalità o a specifiche categorie di dipendenti, in ossequio alle finalità individuate dall’articolo 100, comma 1, del Tuir, ha confermato che i costi sostenuti per i servizi di car pooling aziendale sono da considerarsi deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi della società committente.
3) Rilevanza fiscale delle somme percepite dai dipendenti drivers
Il terzo quesito riguardava la rilevanza, per i dipendenti che operano in veste di driver, delle somme percepite a parziale condivisione delle spese di viaggio – secondo le modalità previste dal contratto aziendale, tenuto conto del numero complessivo dei componenti dell’equipaggio (driver e rider) – essendo dette somme percepite dal driver in veste di privato e non nell’esercizio abituale di prestazioni di trasporto a terzi.
Sul punto l’agenzia delle Entrate ha precisato che le somme percepite dai drivers a titolo di condivisione parziale delle spese di viaggio e a questi pagate dai riders tramite la piattaforma informatica, scaturendo da accordi tra privati, risultano irrilevanti nell’ambito del reddito di lavoro dipendente.
Anche ai fini Iva le predette somme non sono da assoggettare all’imposta, anche qualora vengano trasferite dal rider al driver per il tramite della società terza che gestisce la piattaforma.
4) Rilevanza Iva delle commissioni per l’uso della piattaforma
Il quarto quesito riguardava obblighi di fatturazione relativi ai corrispettivi (fees) dovuti per l’uso della piattaforma software digitale, sia dai driver che dai rider.
L’agenzia delle Entrate ha precisato, in risposta, che per quanto concerne le commissioni, qualora – come di regola – si tratti di corrispettivi pagati a fronte dello svolgimento di una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva ai sensi dell’articolo 3, del Dpr 633/1972, questi devono essere assoggettati all’imposta con aliquota ordinaria.
Con riferimento al momento di esigibilità del tributo e ai connessi obblighi di fatturazione, l’agenzia delle Entrate ha ricordato che è comunque possibile non solo emettere la fattura immediata, ma anche avvalersi della fattura cumulativa all’articolo 21, comma 4, lettera a), del Dpr 633/1972, fatta salva la necessità che la fattura emessa nei confronti di ciascun committente indichi in dettaglio le operazioni effettuate e divenute esigibili nel mese di riferimento, e che le stesse siano individuabili ad esempio attraverso il documento commerciale, da cui individuare con certezza la prestazione eseguita, la data di effettuazione e le parti contraenti.
5) Trattamento fiscale degli incentivi aziendali ai drivers
Il quinto e ultimo quesito riguardava il trattamento, ai fini del reddito di lavoro dipendente, degli incentivi aziendali erogati, in forma di buoni carburante o altri benefit, ai lavoratori che si rendono disponibili a fare da driver in connessione con l’utilizzo del servizio di car pooling aziendale.
Sul punto l’agenzia delle Entrate ha precisato – con particolare riferimento all’erogazione dei premi o incentivi aziendali erogati anche in forma di buoni carburante – che tali importi costituiscono reddito di lavoro dipendente, da assoggettare a ritenuta d’acconto da parte del datore di lavoro, solo qualora il valore del benefit superi, per ciascun percettore nel periodo d’imposta, 258,23 euro.
Le forme di incentivazione in natura erogate ai dipendenti costituiscono reddito imponibile, sempreché non si configurino le fattispecie di esclusione previste dall’articolo 51 del Tuir.
Viceversa, per il datore di lavoro i premi/incentivi aziendali erogati ai dipendenti in forma di buoni carburante o altri benefit, sono da considerarsi costi deducibili nella misura prevista dall’articolo 100, comma 1, del Tuir, ossia per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Le prospettive
Fa piacere rilevare come sia possibile che anche il fisco possa diventare elemento propulsivo per promuovere interessanti iniziative e spingere verso nuovi investimenti.
L’apertura dell’agenzia delle Entrate nei confronti del car pooling aziendale è encomiabile da tutti i punti di vista. Sicuramente nel dare un contributo alla diffusione welfare aziendale, che purtroppo in questi ultimi anni si è un po’ perso rispetto agli anni d’oro dell’Olivetti, della Fiat e di quasi tutte le grandi aziende, che promuovevano moltissime iniziative a beneficio dei propri dipendenti, senza badare troppo ai costi, visto che i benefici erano di molto superiori.
Le nuove piattaforme informatiche – i cui costi sono sempre più accessibili per le aziende – consentono di attivare un colloquio diretto, tramite portale web o anche con apposite app da installare sui propri smartphone, tra ai dipendenti riders (passeggeri) e i dipendenti drivers (conducenti), all’interno di una condivisione perfettamente organizzata e disciplinata da regole chiare.
Il tutto chiaramente con un effetto espansivo a beneficio anche di chi produce software, che può implementare portali e funzionalità atti a gestire queste problematiche, molto spesso in abbinamento ai software tradizionali di gestione del personale e di elaborazione delle buste paga.