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di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware

I chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate, con la recente risoluzione 79/E/2019 circa l’applicazione retroattiva dell’Iva alle prestazioni rese dalle autoscuole nei confronti dei propri clienti, aprono scenari nuovi su quelli che possono essere gli effetti inaspettati e tecnicamente perversi dell’applicazione retroattiva di norme fiscali. Con ripercussioni non irrilevanti anche sull’utilizzo delle procedure informatiche che – come AssoSoftware – vogliamo in questa occasione provare a segnalare.

 

I fatti
La Corte di giustizia Ue, a seguito di richiesta di intervento dell’amministrazione finanziaria tedesca, con sentenza del 14 marzo 2019 relativa alla causa C-449/2017, si è recentemente pronunciata sulla corretta interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva Ce del 28 novembre 2006, n.112, relativo alle esenzioni in materia di Iva. La Corte di giustizia Ue, con tale sentenza, ha stabilito che:
•continuano a essere esenti da Iva le «operazioni relative all’educazione dell’infanzia e della gioventù, all’insegnamento scolastico e universitario, nonché le operazioni relative alla formazione e alla riqualificazione professionale, comprese le lezioni private, impartite da insegnanti»;
•non sono più esenti da Iva, bensì imponibili Iva, le operazioni relative alle lezioni di scuola guida, in quanto questa categoria di insegnamento non rientra in quelle di ambito scolastico e/o universitario.

La risoluzione va quindi a rettificare la prassi amministrativa fornita nel tempo dall’agenzia delle Entrate, in particolare la risoluzione 83/E-III-7-65258 del 1998 e la risoluzione 134/E/2005, con le quali era stato invece chiarito che l’esenzione Iva si applicava anche per le operazioni relative alle lezioni di scuola guida e sulle quali il contribuente aveva finora fatto legittimo affidamento.

Il pregresso
La sentenza ha effetto retroattivo, anche se il legislatore potrebbe attenuare tale effetto in virtù dello Statuto del Contribuente al momento bisogna valutare le possibili conseguenze. Questo comporta che le operazioni effettuate e registrate in annualità ancora accertabili ai fini Iva, devono essere rettificate con l’emissione di una nota di variazione in aumento, ai sensi dell’articolo 26, comma 1, del Dpr 633/1972.

In pratica, la maggiore imposta deve confluire nella dichiarazione Iva integrativa di ciascun anno solare di effettuazione delle prestazioni ancora accertabile, da presentare in base all’articolo 8, comma 6-bis, del Dpr 322/1998.

Inoltre, venendosi a modificare – per effetto della sentenza – il regime Iva di tali operazioni, da esente a imponibile, tale mutamento comporta il sorgere del diritto alla detrazione dell’imposta corrisposta sugli acquisti di beni e servizi inerenti alle attività esenti, con riferimento alle medesime annualità rispetto alle quali il contribuente è tenuto a effettuare la rettifica in aumento.

Nella dichiarazione Iva integrativa relativa a ciascuna annualità, il contribuente:
•dovrà versare l’eventuale maggiore Iva risultante da ciascuna dichiarazione integrativa;
•potrà a recuperare in detrazione l’eventuale eccedenza a credito relativa agli acquisti inerenti alle operazioni divenute imponibili.

Stante l’obbligo di versare l’Iva, non saranno invece dovuti sanzioni e interessi, con riferimento alle prestazioni poste in essere antecedentemente alla pubblicazione della risoluzione in trattamento, tenuto conto che i contribuenti si sono si erano conformati alle indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria e che il conseguente comportamento risulta «posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni o errori dell’amministrazione stessa».

Gli effetti operativi: le rettifiche in aumento
Gli effetti operativi della sentenza sono molteplici e richiedono da parte del contribuente e del suo consulente passaggi di non semplice attuazione.
Partiamo dalle rettifiche in aumento dell’Iva, all’articolo dell’articolo 26, comma 1, del Dpr 633/1972. Queste:
•vanno effettuate fattura per fattura, richiedendo al cliente l’Iva;
•vanno poste in essere per tutte le annualità non ancora prescritte.

Ma su quale registro Iva deve essere effettuata l’annotazione di tali rettifiche? Chiaramente l’annotazione non può essere effettuata sui registri delle annualità di riferimento, essendo gli stessi già stati stampati o archiviati digitalmente in modalità sostitutiva. Inoltre qualora tali registri contengano anche la liquidazione periodica Iva, l’inserimento di tali rettifiche renderebbe non più coerenti i dati delle registrazioni con quelli delle liquidazioni.

Una prima soluzione operativa – la cui validità fiscale avrebbe comunque la necessità di essere confermata dall’agenzia delle Entrate – potrebbe essere quella di istituire un nuovo registro sezionale delle vendite, per ciascuna delle annualità pregresse, in cui andare a inserire tutte le rettifiche in aumento, indicando come data operazione quella in cui viene effettuato l’adeguamento, chiaramente all’interno dell’anno 2019.

Lato applicativi gestionali – in linea puramente teorica, sempre che ci sia stata continuità di fornitore software e con applicativi sempre in linea – questa prima soluzione avrebbe il vantaggio di permettere di rielaborare la dichiarazione Iva annuale di ciascuna delle annualità considerate, andando ad attingere ai documenti registrati in origine, cui si aggiungerebbero quelli registrati nel 2019 per effetto dell’adeguamento.

Non sempre però ciò sarebbe operativamente possibile, in quanto una gran parte delle procedure informatiche non permette di inserire quale data di registrazione una data non rientrante nell’esercizio Iva di riferimento. Per cui in molti casi l’unica soluzione potrebbe essere quella di indicare come data di registrazione il 31 dicembre di ciascun anno di riferimento, indicando in un campo testo di annotazione la data di effettivo adeguamento (data del 2019).

Una seconda soluzione alternativa potrebbe essere, invece, quella di registrare nel registro delle vendite del 2019 (meglio se in un apposito sezionale) – tutte insieme – le note di variazione di tutte le annualità pregresse, senza però farle concorrere alla liquidazione Iva del 2019. Una sorta di annotazione virtuale, un po’ come avviene con le fatture per le quali è stato già emesso corrispettivo, che vengono annotate nel registro, ma non fatte rientrare nella liquidazione qualora alla stessa abbia già concorso il corrispondente corrispettivo.
Questa seconda soluzione, che probabilmente in molti casi è già disponibile o comunque non richiede grossi interventi di adeguamento dei software gestionali, ha come sicura controindicazione che la compilazione delle dichiarazioni Iva integrative risulterebbe manuale, non essendo possibile acquisire nell’elaborazione di ciascuna annualità le note di variazione registrate tutte nel 2019.

Gli effetti operativi: le rettifiche in diminuzione
Per quanto riguarda le rettifiche in diminuzione, relative all’Iva sugli acquisti inerenti alle operazioni attive esenti, il tutto si complica ulteriormente. Infatti tale Iva, che in origine era stata registrata come indetraibile e quindi imputata a costo, se è vero che può ora essere detratta, va tuttavia recuperata ai fini delle imposte dirette.

Quindi, oltre a presentare una dichiarazione Iva annuale per ciascuna delle annualità non prescritte anche ai fini del recupero dell’Iva detraibile, il contribuente dovrà presentare anche una dichiarazione dei redditi integrativa per non dedurre l’Iva indetraibile imputata a costo.

Il tutto si complica ulteriormente qualora vi sia stata l’applicazione del pro-rata. Rimane in ogni caso da capire come annotare sul libro giornale tale recupero ai fini delle imposte dirette, stante che dovrebbe essere comunque pacifica la possibilità di effettuare tutte le registrazioni necessarie nel 2019, con riferimento a ciascuna annualità rettificata.

Le conclusioni
Se fosse confermato l’effetto retroattivo, l’ipotesi di non far nulla – e quindi di non adeguarsi alle indicazioni della risoluzione – potrebbe risultare piuttosto pericolosa, in quanto l’agenzia delle Entrate ha tutti gli strumenti per verificare che siano state presentate le dichiarazioni Iva integrative degli anni non prescritti, in assenza delle quali potrebbe far partire i controlli, con una ragionevole certezza di trovare Iva da recuperare.
Tuttavia, nel caso si scelga di adeguarsi, i passaggi operativi per poter gestire queste situazioni, sia ai fini contabili e Iva, che dichiarativi, non sono di semplice attuazione.
Stante anche che il recupero dell’Iva sui clienti finali (quasi sempre privati), da parte delle autoscuole, sarà perlomeno difficoltoso se non impossibile.

In alcune situazioni potrebbe essere più “economico” considerare gli importi incassati come già comprensivi di Iva, scorporando quindi l’Iva dall’importo incasso e liquidandola tramite la dichiarazione integrativa. Tuttavia, al di là del fatto che tutto l’onere ricadrebbe sulle autoscuole, anche in questo caso la gestione contabile e fiscale risulterebbe oltremodo complessa.

Le software house, in ogni caso, forniranno tutto il supporto necessario all’utilizzo delle proprie procedure, a tutti gli operatori che si troveranno a dover gestire questa intricata problematica, nell’auspicio che a livello politico si possa trovare una soluzione più equa.