di Roberto Bellini (*) – Rubrica a cura di AssoSoftware
La Legge di Stabilità del 2016, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017, ha previsto un obiettivo di risparmio della spesa pubblica, da raggiungere alla fine del triennio 2016/2018, pari al 50% della spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico relativa al triennio 2013/2015. Inoltre i nuovi investimenti in tecnologie Ict (hardware e software) dovranno rispettare le regole di dettaglio stabilite dal «Piano triennale» definito dall’Agenzia per l’Italia digitale.
Le linee guida di tale piano sono state già definite nella circolare AgID n. 2 del 24 giugno 2016 nella quale sono stati evidenziati i tre livelli che compongono l’architettura del nuovo modello strategico della Pa digitale e precisamente: infrastrutture materiali fisiche di base (es. data center, servizi di connettività, disaster recovery, ecc.); infrastrutture immateriali che fanno riferimento alle piattaforme applicative nazionali (es. Spid, Anpr, PagoPA, NoiPA, ecc.); ecosistemi riferiti ai domini applicativi verticali (es. sanità digitale, scuola digitale, giustizia digitale, agricoltura digitale, ecc.).
Costituiscono deroga all’obiettivo di risparmio le spese sostenute per i servizi di connettività e quelle effettuate tramite gli strumenti di acquisto e di negoziazione di Consip Spa o dei soggetti aggregatori.
Pianificazione in ritardo
Premesso che il taglio semi-lineare del 50% in tecnologia Ict mal si sposa con gli obiettivi dell’Agenda digitale nazionale, anche perché non tiene conto delle specificità del territorio e dei diversi livelli di modernizzazione presenti nei vari Enti pubblici, ci chiediamo come possano essere raggiunti tali obiettivi di risparmio in mancanza, ancora a marzo 2017, del famoso “piano triennale” e di indicazioni precise su quali spese siano compatibili con il modello strategico della Pa digitale del futuro.
In tale situazione di incertezza, gli Enti, per far fronte alle necessità dell’operatività quotidiana, sono costretti, in attesa di chiarimenti, a inserire le spese in altri capitoli o, nella peggiore delle ipotesi, a rimandare gli investimenti riducendo il livello di servizi alla collettività.
Il percorso a ostacoli
Un tema particolarmente spinoso riguarda anche i grandi progetti strategici nazionali, vedi Spid, PagoPA e Anpr, per i quali non è ancora ben chiaro il confine tra l’acquisizione di servizi e software di mercato e l’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dalle piattaforme centralizzate. Su questo punto AssoSoftware auspica che sia ammessa una certa flessibilità nel sostenere i costi per l’integrazione delle piattaforme, considerata anche la non completa adeguatezza e funzionalità dei prodotti centralizzati.
Ci sembra, quindi, un percorso a ostacoli che coinvolge in pieno gli Enti che, in base alla citata circolare, non solo devono limitare le spese, ma devono farsi parte attiva per «…redigere e trasmettere ad AgID il piano di integrazione alle infrastrutture immateriali», «… verificare se sussistono per l’acquisto in questione obblighi di acquisizione centralizzata e, cioè, strumenti di acquisto e strumenti di negoziazione centralizzata», verificare «…che non siano disponibili strumenti di aggregazione», ecc.
Alla fine l’Ente si affiderà alla consulenza del proprio partner informatico ma verrebbe da chiedersi se una tale quantità di adempimenti non sia un deterrente alla spesa piuttosto che un sistema di controllo della spesa stessa.
(*) Direttore generale AssoSoftware
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