di Roberto Bellini (*) – Rubrica a cura di AssoSoftware

 

In ambito sanitario, il debito informativo non è altro che un set di dati relativi a servizi erogati agli assistiti (strutture socio sanitarie, servizi domiciliari, ecc.) che sono richiesti e utilizzati a livello nazionale per la definizione delle esigenze del settore e quindi, alla fine, per la quantificazione dei fondi da stanziare (per esempio destinati alla non autosufficienza). Il debito informativo regionale nei confronti del ministero della Salute viene soddisfatto attraverso la raccolta dei flussi informativi regionali.

Il flusso di informazioni segue, esemplificando, questo schema:
dall’Ente erogatore del servizio (struttura socio sanitaria, servizio domiciliare, …) all’Asl/Ats/distretto, da questa alla Regione e da qui, infine, al ministero della Salute.
A fronte di questa sacrosanta esigenza informativa a livello nazionale, si sono generate purtroppo nel tempo una serie di disomogeneità e distorsioni a cascata lungo la filiera di produzione dell’informazione che possiamo così sintetizzare:
1. ogni attore lungo la filiera può aggiungere dati di proprio interesse al flusso (Asl/distretto, Regione);
2. ogni attore lungo la filiera può modificare la modalità di invio dei dati, a volte obbligando all’uso di strumenti proprietari a scarsissimo, o nullo, livello di interoperabilità

Cattivi esempi in assenza di uno standard
Solo a titolo esemplificativo può accadere che l’Asl X della Regione Y chieda agli enti erogatori del proprio territorio una serie di dati in quantità/dettaglio e con modalità completamente differenti non solo dall’Asl di un’altra Regione ma addirittura dall’Asl Z che dista pochi chilometri nella medesima Regione.
In alcuni casi si è arrivati a situazioni paradossali in cui, non esistendo un sistema informatico di acquisizione dati, un’Asl richiede i dati stessi con uno specifico layout di stampa (pdf) cosicché gli operatori possano, a vista, valutare se tutti i campi richiesti sono stati compilati (si può immaginare quanti possano essere i layout di stampa possibili).
In altri casi invece si è generata una vera e propria distorsione del mercato (al limite della concorrenza sleale e/o monopolio occulto) in quanto una piattaforma non interoperabile viene imposta dall’Asl agli enti erogatori del proprio territorio, alcune volte gratuitamente, altre volte addirittura a pagamento.

La strada giusta: standard e interoperabilità
Ovviamente ciò costituisce una fortissima barriera di entrata nei confronti di altri player che operano in questo mercato: infatti se l’Asl mi obbliga a inserire alcuni dati in un sistema (che non ho liberamente scelto), non posso o sono fortemente disincentivato ad acquisirne un altro, anche se migliore e più completo, perché altrimenti dovrei inserire nuovamente i medesimi dati.
Le conseguenze di questa disomogeneità si ripercuotono inevitabilmente sull’efficienza dei processi gestionali e sui costi che gli enti erogatori devono sostenere per personalizzare i gestionali (quando fattibile), oppure per inserire più volte gli stessi dati, ecc…
D’altra parte le software house che realizzano i gestionali sprecano quantità rilevanti di risorse per creare layout e sistemi di interfacciamento differenti da Regione a Regione, da Asl ad Asl, per far fronte al medesimo debito informativo (attività dispendiosa e a scarso valore aggiunto), anziché dedicarsi a sviluppi a più alto valore aggiunto per l’utente finale.
Sarebbe quindi auspicabile che le Pa coinvolte in questo debito informativo venissero sensibilizzate sull’argomento dell’omogeneizzazione dei dati richiesti e delle modalità di interscambio attraverso sistemi standard, aperti alle varie soluzioni che il mercato offre. In sintesi interoperabili.
Se i tracciati e le modalità di acquisizione dei dati fossero uniformi a livello nazionale e fossero condivisi e accettati da tutti gli enti locali allo stesso modo, si avrebbe un grande vantaggio per tutti i player, per gli enti erogatori e per l’utente finale (anziano, disabile, …) e tutte le risorse coinvolte potrebbero essere dedicate ad attività più qualificanti e con più valore.
Condividiamo in toto le affermazioni contenute nel neo Piano Strategico per l’Ict nella Pa in merito agli obiettivi strategici nello sviluppo degli Ecosistemi, compreso quello Sanitario, che asseriscono letteralmente la necessità di «Uniformare l’approccio allo sviluppo dei servizi della Pubblica amministrazione tra i diversi ecosistemi per favorire l’omogeneizzazione dei servizi offerti al cittadino. Tali servizi devono essere semplici da usare, fondati sull’attenzione alla sicurezza e basati sull’interoperabilità di dati e applicazioni». Ci sembra che queste siano regole chiare e inequivocabili; cominciamo ad applicarle anche in ambito socio-sanitario?

(*) Direttore generale AssoSoftware

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