di Roberto Bellini (*) – Rubrica a cura di AssoSoftware

 

Il caso dell’Anagrafe unica della popolazione residente (Anpr) è il compendio perfetto di tutto quello che non bisogna fare per gestire un progetto strategico da parte del Pubblico.

È questa, a nostro avviso, la conclusione a cui è arrivata la Commissione di inchiesta, presieduta da Paolo Coppola, evidenziando proprio quei fattori che hanno portato allo stallo di questo progetto e che, fin dal suo avvio, AssoSoftware ha più volte indicato, in tutte le sedi, come elementi all’origine dell’insuccesso di ogni progetto strategico.
Alla luce dei risultati della Commissione possiamo indicare alcuni punti fermi che devono valere per tutti i progetti della Pa digitale, che rappresentano il più importante ambito di investimento (4,6 miliardi di euro) per la modernizzazione del nostro Paese.
Innanzitutto risulta evidente che lo sviluppo centralizzato, per di più affidato a un unico soggetto pubblico, di applicazioni complesse e fortemente integrate comporta un ineludibile fallimento e un aggravio di costi a carico della collettività. Ed è altrettanto chiaro che il legislatore, prima di scrivere la norma, deve avvalersi del contributo indispensabile di tutti i soggetti coinvolti, primi fra tutti i produttori di software che, oltre alle competenze tecnologiche, hanno investito per acquisire le necessarie conoscenze operative e gestionali che permettono di evitare sottovalutazioni ed errori.
Il coinvolgimento delle software house garantisce infatti che l’analisi delle problematiche e la definizione delle specifiche per lo sviluppo delle soluzioni siano adeguati alla complessità dei diversi scenari e tengano conto delle relazioni con le applicazioni utilizzate e delle necessità operative dei soggetti coinvolti.
Nello specifico, alla luce dei recenti articoli apparsi sulla stampa specializzata in cui si portano i risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta sul progetto Anpr, vogliamo ribadire il punto di vista dei produttori di software, visto che nelle audizioni effettuate sono stati più volte citati ma mai ascoltati.

L’opinione dei produttori di software
Il progetto Anpr ha come obiettivo creare una banca dati centralizzata della popolazione residente eliminando le 8mila basi dati locali, un’unica banca dati aggiornata in tempo reale dai Comuni superando le criticità delle precedenti esperienze Ina-Saia e Aire dove i dati venivano inviati periodicamente come replica delle informazioni locali.
Il progetto politico non può che essere condiviso da tutti, cittadini e imprese, tuttavia una cosa è creare una Banca Dati, altra cosa è alimentarla e per alimentarla esistono numerosi prodotti software già in uso da decenni negli 8mila Comuni.
Se non si parte da questa premessa non si può comprendere fino in fondo perché il progetto si trova ora in difficoltà.
Non entro nel merito della scelta di Sogei come partner tecnologico, ma ritengo che il giorno dopo l’incarico i responsabili del progetto avrebbero dovuto convocare le aziende di software e i gli ufficiali d’anagrafe dicendo “Signori dobbiamo creare una banca dati unica, moderna e integrata, di cosa avete bisogno?” e da lì si sarebbe creata una sinergia che partendo dalle esigenze e dalle indicazioni del territorio avrebbe portato velocemente ad una pianificazione dei lavori e a individuare le risorse necessarie per arrivare nel giro di qualche anno al successo dell’operazione.
Invece la storia è andata diversamente, non solo Sogei ha sviluppato il progetto in modo autonomo ma la stessa insieme alle Istituzioni hanno perso il focus sull’obiettivo ultimo che era appunto creare la banca dati e invece si sono concentrate sul come alimentarla dando vita a un prodotto software che doveva sostituire gli esistenti ed essere utilizzato da decine di migliaia di operatori. Ma le competenze non si improvvisano e nemmeno può essere banalizzata la complessità delle procedure d’anagrafe e di sistemi informatici, tra i primi in Europa, che da più di trent’anni forniscono l’operatività agli Enti locali.
Dove lo Stato non si limita a definire le regole e a effettuare i controlli, ma diventa esso stesso l’artefice delle soluzioni, nascono problemi che portano, prima o poi, al fallimento dei progetti con grave dispendio di tempo e risorse.
Lo abbiamo visto con il Sistri (il Sistema pubblico di tracciabilità dei rifiuti) dove si voleva monitorare i trasporti usando delle chiavette USB e introducendo dei sistemi invasivi nei processi gestionali, oppure con la Gestione Paghe del Mef che si proponeva di centralizzare l’elaborazione delle buste paga di tutte le amministrazioni pubbliche al costo però di scaricare la complessità della gestione e le inefficienze del sistema sugli operatori.

La prospettiva
A chi obietta però che centralizzare le soluzioni a livello pubblico significa risparmiare rispetto a una molteplicità di attori, ricordiamo che in realtà le leggi del mercato e la storia insegnano il contrario. Dove si centralizza si sostengono costi maggiori perché non si è soggetti alla competitività del mercato, si generano inefficienze che ricadono sugli operatori, si deprime la qualità delle soluzioni perché dove non c’è concorrenza manca il confronto e la spinta all’innovazione.
Non è un caso infatti che lo Stato si sia preoccupato di mettere dei paletti nei servizi in-house di pubblica utilità delle amministrazioni locali in base al principio che un servizio deve essere gestito internamente solamente se sul mercato non si trova a determinate condizioni. Non si comprende come mai la medesima regola non possa valere in senso generale anche per i servizi informatici.
Il commissario per l’Agenda digitale, Diego Piacentini, ha più volte dichiarato che intende sviluppare il «Sistema Operativo» dell’amministrazione digitale del futuro, con un approccio e una visione molto vicini al nostro modo di pensare; da parte nostra interpretiamo le sue parole come la volontà di non realizzare prodotti in concorrenza con il mercato ma di definire regole chiare e mettere a disposizione i connettori e le API per interoperare con le soluzioni offerte dal privato.
Ci auguriamo si vada in questa direzione perché il Paese ha fame di innovazione e i grandi progetti dell’Agenda digitale possono essere un trampolino anche per la crescita economica complessiva, si tratta però di realizzarli correttamente PER il Paese e non CONTRO.

(*) Direttore generale AssoSoftware

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