Sentenza Corte costituzionale: illegittimità di alcune disposizioni del dlgs n. 124 del 2015

La Corte costituzionale con la sentenza n. 251 del 9 novembre 2016 (data di decisione), che si allega, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge 7 agosto 2015, n. 124, “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (allegata). E’ stata dichiarata l’illegittimità costituzionale:

1)    dell’art. 11 (Dirigenza pubblica), comma 1, lettere a), b), numero 2), c), numeri 1) e 2), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p) e q), e comma 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui prevede che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato­Regioni;

2)    dell’art. 17 (Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), l), m), o), q), r), s) e t), nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge n. 124 del 2015, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato­Regioni;

3)    dell’art. 18, (Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche), comma 1, lettere a), b), c), e), i), l) e m), numeri da 1) a 7), nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata;

4)    dell’art. 19 (Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale), comma 1, lettere b), c), d), g), h), l), m), n), o), p), s), t) e u), nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge n. 124 del 2015, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata.

Il ricorso è stato proposto dalla Regione Veneto.

Le censure costituzionali riguardano quelle disposizioni ove nonostante le molteplici interferenze con le competenze regionali non risolvibili mediante il criterio della prevalenza del legislatore statale, prescrive, per l’adozione dei decreti legislativi attuativi, una forma di raccordo con le Regioni – il parere in Conferenza unificata – da ritenersi lesiva del principio di leale collaborazione perché non idoneo a realizzare un confronto autentico con le autonomie regionali, necessario a contemperare la compressione delle loro competenze. Solo l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, contraddistinta da una procedura che consente lo svolgimento di genuine trattative, garantisce un reale coinvolgimento.

Non sono stati ritenuti invece fondati dalla Corte costituzionale i rilievi, che in sede di ricorso, erano stati avanzati sull’articolo 1 (Carta della cittadinanza digitale) che ha poi determinato l’emanazione del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, recante la modifica del codice dell’amministrazione digitale. La Corte, sul punto, ha argomentato che le disposizioni impugnate, pur intersecando sfere di attribuzione regionale come il turismo e l’organizzazione amministrativa regionale, costituiscono, in via prevalente, espressione della competenza statale nella materia del «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.). Esse sono anzitutto strumentali per «assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione» (sentenza n. 17 del 2004; nello stesso senso, fra le altre, sentenze n. 23 del 2014 e n. 46 del 2013). Assolvono, inoltre, all’esigenza primaria di offrire ai cittadini garanzie uniformi su tutto il territorio nazionale, nell’accesso ai dati personali, come pure ai servizi, esigenza che confina anche con la determinazione di livelli essenziali delle prestazioni. Tanto basta per confermare la piena competenza dello Stato, coerente con l’impegno, dallo stesso assunto, di uniformarsi alle indicazioni provenienti dall’Unione europea. La riconduzione alla competenza legislativa statale della normativa impugnata esclude anche ogni profilo di violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., in particolare con riguardo alla procedura di adozione dei decreti legislativi, subordinata, ai sensi del comma 2, all’acquisizione del parere in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.