I temi della settimana
ENERGIA, BONOMI: SERVONO MISURE STRUTTURALI E SCELTE CORAGGIOSE. RISCHIAMO UNA BRUSCA FRENATA
“E’ stato detto strumentalmente che Confindustria è contro la tassazione degli extra profitti quando, invece, vogliamo evitare che si creino”, così il Presidente Carlo Bonomi è intervenuto a Zapping, su Rai Radio 1. Il Presidente di Confindustria ha evidenziato nuovamente la necessità “di mettere un tetto al prezzo del gas a livello europeo o italiano, proprio per evitare, all’origine, i cosiddetti extraprofitti”. Oggi più che mai, a fronte dei drammatici avvenimenti che stanno coinvolgendo l’Ucraina, secondo Bonomi è urgente intervenire sul gas con misure strutturali: “Dobbiamo sbloccare gli impianti rinnovabili fermi per l’eccessiva burocrazia e individuare le aree idonee a ospitarli; puntare sui rigassificatori (oggi ne abbiamo solo tre); modificare radicalmente il mix energetico italiano; sganciare il valore dell’energia elettrica da fonti rinnovabili dal prezzo del gas”. E in merito alla riduzione di 25 centesimi delle accise per 30 giorni Bonomi ha affermato che “era l’occasione per dare finalmente un taglio alle accise sui carburanti. Auspichiamo che su 900 miliardi di spesa pubblica annuale ci sia la possibilità di trovare le risorse necessarie da investire sul taglio delle bollette. E’ un tema di recupero di efficienza”. Il Presidente ha richiamato l’attenzione sulla frenata dell’economia, dopo il rimbalzo dello scorso anno e ha sottolineato che nel primo trimestre probabilmente la crescita sarà vicina allo zero. “Si tratta di un rallentamento che non è dovuto solo alla guerra – ha fatto notare Bonomi – quindi servono interventi strutturali finalizzati alla crescita. E questo vale di più in un momento in cui l’inflazione è tornata a salire. C’è molta preoccupazione innanzitutto per chi sta vivendo questa tragica situazione” – ha aggiunto. Il Presidente è tornato su questo tema anche in un’intervista a Rtl 102.5: “Dal punto vista economico l’Italia stava già rallentando, ma è ovvio che il conflitto sta incidendo in maniera molto forte sulle prospettive di crescita quest’anno. Se saremo in grado e avremo la forza e il coraggio di fare le scelte necessarie per sostenere la crescita del Paese, allora sono ottimista. Se però faremo scelte di piccolo cabotaggio siamo destinati ad una frenata brusca, dolorosa, che farà molto male” – ha chiarito Bonomi.
FIERE, CONFINDUSTRIA: RUOLO CHIAVE PER IL MADE IN ITALY E LO SVILUPPO DEL PAESE
L’internazionalizzazione del Made in Italy e lo sviluppo economico del Paese, a valle della pandemia, passano dall’industria fieristica italiana. E’ quanto emerge dal Rapporto “L’Italia delle Fiere internazionali”, la prima edizione dell’approfondimento economico-scientifico sul legame fra l’economia italiana e il sistema fieristico, realizzato dai Centri studi di Confindustria e Fondazione Fiera Milano in collaborazione con Cfi-Comitato fiere industria. L’analisi mette a confronto Italia, Germania, Francia e Spagna, i quattro Paesi europei a maggiore vocazione fieristica, evidenziando come la pandemia abbia colpito duramente le fiere. Infatti, rispetto al 2019 il fatturato a livello mondiale è calato del 68% nel 2020 e del 59% nel 2021. Per il 2022, l’auspicio è che il calo sia più contenuto e si fermi intorno al 21%, ma al momento la stima non include l’impatto del conflitto in Ucraina. Prendendo in analisi il periodo 2015-2019, in Italia, Germania, Francia e Spagna si sono svolte più della metà (54%) delle fiere internazionali con un’occupazione dello spazio netto affittato del 76%. In questi quattro Paesi è stata registrata la partecipazione del 69% dei visitatori totali e del 74% degli espositori. L’Italia rappresenta il 23% delle superficie affittate, la Germania, il principale competitor, il 50%, mentre la Francia il 16% e la Spagna al 12%. Il rapporto quantifica le quote di mercato dell’Italia a livello mondiale per alcuni dei settori più rappresentativi del Made in Italy (arredamento, cosmetica, food e hospitality, meccanica, moda, trasporti): il nostro Paese ospita il maggior numero di metri quadrati nel settore moda, con una quota di mercato del 23% dei 2,7 milioni di metri quadrati venduti a livello mondiale; nella cosmetica, che nel suo complesso supera il milione di metri quadrati venduti nei Paesi considerati, l’Italia rappresenta una quota del 13%, al secondo posto dopo la Cina. Quanto alla relazione tra fiere e digitalizzazione, fino al 2018, in media, solo il 2% dei ricavi degli organizzatori proveniva dal digital, con punte del 4-5% per alcuni operatori. Nel 2020, con i quartieri fieristici chiusi, gli organizzatori hanno provato a rispondere con le fiere digitali. Ma la partecipazione alle manifestazioni virtuali è risultata limitata sia per i visitatori sia per gli espositori, con un basso livello di soddisfazione.
IMPRESE ESTERE, CONFINDUSTRIA-LUISS: CONTRIBUTO IMPORTANTE ALL’ECONOMIA ITALIANA
In dieci anni l’apporto delle multinazionali all’economia italiana ha registrato un netto aumento. Infatti, nel periodo 2009-2019 il numero dei loro occupati è cresciuto del 23,6% (+289 mila addetti), raggiugendo 1,5 milioni di dipendenti nel 2019, a fronte di una perdita complessiva di circa 176 mila unità registrata dal nostro Paese nello stesso arco temporale. In aumento anche il valore aggiunto generato da queste realtà: con +55 miliardi di euro è passato a 134 miliardi di euro, una cifra che corrisponde a quasi il 30% dell’incremento del valore aggiunto sul totale della quota paese. Ma anche il loro fatturato è cresciuto sensibilmente, passando nel 2019 a 624 miliardi di euro: un aumento del 40,4% che rappresenta il 31% dell’incremento totale del fatturato delle imprese residenti. Molto rilevante risulta anche il loro contributo per R&S che, con 4,3 miliardi di euro nel 2019, rappresenta il 26% del totale della ricerca privata realizzata in Italia e imprime un forte impulso all’innovazione. Sono questi i dati del rapporto “Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività”, realizzato dall’Osservatorio Imprese Estere di Confindustria e LUISS, il primo a fornire un quadro completo delle multinazionali in Italia, con un’analisi del loro peso sull’economia italiana, le loro caratteristiche strutturali, il posizionamento all’interno delle catene globali del valore e la loro sensibilità sui temi inerenti alla sostenibilità ambientale.Dall’analisi emerge come attraverso modelli organizzativi improntati alla gestione manageriale, una corporate governance snella ed efficiente, le grandi dimensioni e l’appartenenza alle catene del valore globali, le multinazionali estere riescano a reagire in maniera più tempestiva alle nuove sfide. Infatti, queste realtà si sono dimostrate particolarmente resilienti rispetto alla crisi pandemica, durante la quale hanno addirittura aumentato la quota di investimenti immateriali.Dal Rapporto risulta inoltre che i profili delle multinazionali estere presenti in Italia sono coerenti con il nuovo paradigma economico, che coniuga crescita, sviluppo sociale e attenzione all’ambiente. Obiettivi ben integrati nelle loro strategie di business e di tutte le funzioni aziendali, che portano le imprese estere a svolgere anche un’importante funzione di traino per le PMI e i territori in cui operano. Le realtà a capitale estero risultano infine particolarmente inclini all’adozione di azioni e comportamenti improntati alla sostenibilità ambientale, determinando un livello di impatto di quasi l’8% in più rispetto alle altre imprese. “Le multinazionali, spesso a capo di filiere, sono realtà fortemente integrate sia nella nostra struttura produttive, che nel contesto istituzionale e territoriale in cui operano e sono assolutamente organiche alla vocazione industriale nazionale”, ha commentato la Vice Presidente per l’Internazionalizzazione Barbara Beltrame Giacomello. “Le catene globali del valore sono messe a dura prova dai rincari energetici, dalla difficoltà di reperimento e approvvigionamento di materie prime e da criticità logistiche. Questo porterà ad un ripensamento delle stesse catene del valore globali in cui l’Italia, con un approccio di sistema in cui la filiera diventa la cinghia di trasmissione tra imprese domestiche e a capitale estero, potrebbe cogliere importanti opportunità”.