Premessa

Come noto, il Decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, all’art. 13, ha, tra l’altro, ridisciplinato il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, previsto dall’art. 14 del D.lgs. n. 81/2008.

Confindustria ha evidenziato le rilevanti criticità del provvedimento nella nota del 27 ottobre 2021.

L’Ispettorato nazionale del lavoro ha emanato una nota di prime indicazioni sul nuovo provvedimento di sospensione (circolare n. 3 del 9 novembre 2021), evidenziando che le indicazioni potranno essere oggetto di integrazione o modifica a seguito della conversione in legge del DL n. 146/2021.

La circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro

Il commento dell’INL alla norma relativa alla sospensione dell’attività non risolve (né poteva farlo) i numerosi e gravi profili di criticità evidenziati da Confindustria, dal momento che le criticità derivano direttamente dalla normativa.

La nota evidenzia acriticamente le finalità del provvedimento, riconducibili a “far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori”. Non viene, quindi, affrontata la reale natura cautelare, che emerge, a norma del comma 1, solamente nelle ipotesi in cui l’INL è chiamato a adottare, unitamente al provvedimento di sospensione, “specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro”.

Viene confermato il carattere obbligatorio ed immediato del provvedimento di sospensione, escludendo, così, ogni discrezionalità da parte dell’Amministrazione.

La decorrenza degli effetti dalle ore 12 del giorno successivo – in ogni caso, inidonea a svolgere una funzione prevenzionale – viene prima sollecitata[1] e poi, contraddittoriamente, esclusa laddove si evidenzia che “benché la disposizione al riguardo non faccia distinzioni tra le due cause di sospensione (lavoro irregolare e gravi violazioni in materia di salute e sicurezza) va considerato che, fatte salve le specifiche valutazioni da effettuarsi caso per caso, il provvedimento di sospensione per motivi di salute e sicurezza dovrà essere, di norma, adottato con effetto immediato.”

Quindi, anche nelle ipotesi in cui l’adempimento omesso possa anche essere ragionevolmente adottato immediatamente, così ponendo i presupposti per la revoca del provvedimento ed impedendo la reale applicazione degli effetti della sospensione (es. dotazione di DPI o adozione delle misure di protezione verso il vuoto), la circolare lo esclude, nonostante la possibilità offerta dalla legge.

Inoltre, poiché, in genere, all’impiego in nero conseguono effetti sulla sicurezza (es. sugli obblighi formativi), nemmeno in questo caso sarebbe possibile differire l’efficacia del provvedimento alle 12 del giorno successivo.

La precisazione sembra, inoltre, contraddire l’esplicita previsione di legge secondo la quale gli effetti del provvedimento di sospensione possono esser fatti decorrere “dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta”.

Nonostante la previsione richiamata (relativa al rinvio degli effetti e non alla non adozione della sospensione), non vengono affrontate e risolte le questioni legate alle eventuali conseguenze negative rispetto alle altre attività aziendali, ai beni, alle attrezzature, agli impianti (es., in caso di attività a ciclo continuo)[2] ed al maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi eventualmente derivante dalla sospensione.

Quanto alla eventuale presenza di un pericolo imminente, la circolare precisa che il provvedimento può assumere la forma della disposizione (art. 10 DPR n. 520/1955), misura utilizzabile a prescindere dalla sospensione (es. nell’ipotesi di allontanamento del lavoratore nelle ipotesi di microimpresa). Le indicazioni non affrontano, dunque, il tema della sovrapposizione del provvedimento cautelare in argomento con quello analogo che può essere adottato in base all’art. 20, comma 3, Dlgs n. 758/1994[3].

Il commento, sottolineando la natura non discrezionale del provvedimento, consente di rilevare anche la ulteriore potenziale conseguenza di escludere la giurisdizione del giudice amministrativo, ad oggi fondata, tra l’altro, sul carattere discrezionale del provvedimento[4].

Per quanto riguarda il lavoro irregolare, la circolare – nel confermare che la nozione dev’essere riferita a quella di lavoratore ai sensi del Dlgs n. 81/2008[5] – si sofferma sul tema del computo dei lavoratori presenti “sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo” ai fini della determinazione della percentuale che fa scattare la sospensione[6].

Non viene fatto alcun riferimento alla nuova nozione di lavoro in nero (mancanza della “preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro”) che supera la precedente (“impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria”).

Nessun commento è dedicato al rapporto tra sospensione per lavoro nero e diffida obbligatoria (Dlgs n. 151/2015, art. 22, comma 3bis), procedura che l’ispettore deve adottare in questo caso, senza margini di discrezionalità, e che prevede un tempo per l’adempimento pari a 30 giorni dalla notifica del verbale, incoerente con i termini per la immediata adozione della sospensione.

Quanto all’eventuale regolarizzazione immediata, poiché la norma fa riferimento alla verifica della irregolarità al momento dell’accesso ispettivo, l’INL precisa che resta irrilevante l’eventuale regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso. Lo stresso dicasi anche nelle ipotesi in cui il provvedimento di sospensione debba essere adottato “su segnalazione di altre amministrazioni” e, nelle more dei sette giorni previsti dal comma 3 del nuovo art. 14, si sia comunque provveduto alla regolarizzazione delle violazioni accertate.

Sembra, quindi, che, in questo caso, non sia nemmeno richiesto l’accesso ispettivo. Se, invece, lo si ritenesse necessario e questo intervenisse a sanatoria avvenuta, l’ispettore non potrebbe che rilevare l’assenza di violazioni ma, contraddittoriamente, dovrebbe adottare comunque il provvedimento di sospensione, seppure non sia (più) in atto alcuna violazione. Ciò evidenzia, ancora una volta, la natura meramente sanzionatoria (essendo stato rimosso ogni pericolo e sanata ogni violazione) e recuperatoria (viene comunque imposto il pagamento delle sanzioni e delle somme aggiuntive).

Quanto alle violazioni che legittimano l’adozione del provvedimento di sospensione, la circolare ne evidenzia il carattere della tassatività, rinviandone il commento ad una successiva comunicazione.

In merito al rapporto con il provvedimento di prescrizione (Dlgs n. 758/1994), la nota evidenzia che “rispetto alle violazioni indicate, il personale ispettivo potrà dunque svolgere i dovuti accertamenti adottando i relativi provvedimenti di prescrizione ai sensi del D.lgs. n. 758/1994”, confermando così il rapporto di contemporaneità tra il provvedimento di sospensione e di prescrizione ma senza fornire alcun approfondimento circa le conseguenze derivanti da tale condizione.

Anzi, trattando del ricorso avverso i provvedimenti di sospensione, la nota evidenzia che la cognizione sulla sospensione per le violazioni in materia di salute e sicurezza è rimessa al giudice penale “in caso di inottemperanza alla prescrizione”, così traducendo in certezza il dubbio che l’unico modo per contrastare la sospensione in sede penale (in assenza di altri strumenti) sia quello di non adempiere la prescrizione ed avviare necessariamente il giudizio penale.

L’ambito di applicazione del provvedimento è relativo alla “parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni[7]. In alternativa, esclusivamente per le violazioni relative alla formazione ed alla consegna dei DPI ai lavoratori, la norma consente l’adozione del provvedimento relativamente all’”attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni” e non all’attività imprenditoriale. L’INL sottolinea che tale seconda eventualità si applica solamente se, insieme alle due tipologie di violazione specificate, non sono contestate altre violazioni che legittimano, ex se, l’adozione del provvedimento di sospensione.

Per quanto ovvio, l’INL si sofferma sul fatto che “resta fermo, trattandosi di causa non imputabile al lavoratore, l’obbligo di corrispondere allo stesso il trattamento retributivo e di versare la relativa contribuzione”.

In merito alle sanzioni ed alla revoca del provvedimento, l’INL precisa che, in caso di più violazioni, la regolarizzazione e la conseguente revoca presuppongono, anche a fronte di un unico provvedimento di sospensione, il pagamento di tutte le sanzioni e delle somme accessorie relative a ciascuna violazione.

Con riferimento alla revoca, la circolare fa riferimento alle precedenti indicazioni del Ministero del lavoro[8]. In particolare, viene precisato che “nelle ipotesi di sospensione per gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro occorrerà accertare che il datore di lavoro abbia provveduto al ripristino delle regolari condizioni di lavoro, adottando il comportamento eventualmente oggetto di prescrizione obbligatoria”. Il che conferma la criticità evidenziata da Confindustria derivante dal fatto che la revoca della sospensione è condizionata all’adempimento della prescrizione.

Come noto, per la sospensione non è più necessaria la recidiva nella violazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza o di lavoro; tale elemento resta esclusivamente come circostanza che porta al raddoppio delle sanzioni aggiuntive. “Laddove l’Ufficio sia a conoscenza della adozione, nei cinque anni precedenti, di un provvedimento di sospensione a carico della medesima impresa, anche sulla base della previgente normativa e anche in forza di violazioni diverse da quelle da ultimo accertate, si provvederà a raddoppiare gli importi delle “somme aggiuntive” dovute, evidenziando nel provvedimento la sussistenza della “recidiva” che ha dato luogo alla maggiorazione degli importi”. Evidenziamo che la circolare non precisa la nozione di recidiva (ad esempio, con la ripetizione di reati della stessa indole) né tiene conto di quella fatta propria dal previgente art. 14[9].

In merito di ricorso avverso il provvedimento di sospensione, la circolare nulla dice circa il venir meno della possibilità di impugnare il provvedimento di sospensione, così non giustificando nemmeno la sua soppressione.

In conclusione, il commento dell’INL, oltre a non evidenziare e, ove possibile, chiarire i numerosi problemi esistenti, aggrava ulteriormente i profili applicativi già critici della norma.


[1] “Nell’adozione del provvedimento sospensivo va comunque valutata l’opportunità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo,

[3] “Con la prescrizione l’organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro”.

[5] Con esclusione dei lavoratori rispetto ai quali non è richiesta la comunicazione, come avviene nelle ipotesi di coadiuvanti familiari ovvero dei soci, per i quali è prevista unicamente la comunicazione all’INAIL ex art. 23 D.P.R. n. 1124/1965.

[6] Andranno quindi conteggiati, nel rispetto dei precedenti orientamenti forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tanto i collaboratori familiari, anche impegnati per periodi inferiori alle dieci giornate di lavoro (v. ML nota prot. n. 14184 del 5 agosto 2013), quanto i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società, non disponendo dei poteri datoriali tipici (v. ML nota prot. n. 7127 del 28 aprile 2015).

[7] Gli effetti del provvedimento vanno dunque circoscritti alla singola unità produttiva, rispetto ai quali sono stati verificati i presupposti per la sua adozione e, con particolare riferimento all’edilizia, all’attività svolta dall’impresa nel singolo cantiere” (cfr. ML circ. n. 33/2009; v. anche ML nota prot. n. 337 del 9 gennaio 2021 in relazione alle manifestazioni fieristiche)

[8] Nota prot. n. 19570 del 16 novembre 2015

[9] “Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto di cui al precedente periodo, nell’Allegato I.