di Pierfrancesco Angeleri
Presidente di Assosoftware
Nonostante le sfide normative e gli investimenti ancora limitati, l’IA promette di rivoluzionare il settore produttivo, con potenziali benefici significativi per il PIL e l’occupazione specializzata. AssoSoftware propone la creazione di poli industriali del software per attrarre investimenti, formare competenze STEM e sviluppare applicazioni nazionali
L’arrivo dell’intelligenza artificiale (IA) ha segnato uno dei più significativi cambiamenti degli ultimi anni, suscitando una corsa non solo tra diverse organizzazioni per sviluppare e utilizzare in modo efficace questa nuova tecnologia, ma pure tra Stati e Governi per creare una regolamentazione in grado di tutelare i cittadini e spronare il tessuto produttivo. Così sta facendo anche l’Italia, seguendo quello che è l’esempio europeo dell’AI Act.
DDL intelligenza artificiale, le osservazioni di AssoSoftware
A questo proposito, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha posto l’Intelligenza Artificiale al centro dell’agenda politica e della presidenza italiana del G7 e lo scorso 23 aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale” (il cosiddetto Ddl IA), attualmente all’esame delle Commissioni 8a e 10a del Senato che stanno svolgendo un ciclo di audizioni per ascoltare le proposte di rappresentanti del mondo accademico, associativo e aziendale esperti del settore.
È proprio nell’ambito di queste audizioni che AssoSoftware ha recapitato le proprie osservazioni sul Ddl IA. Osservazioni che partono dalla convinzione che per non perdere l’occasione fornita dall’IA è fondamentale non solo riuscire a dotare lavoratori e aziende delle competenze adatte, ma anche promuovere lo sviluppo di applicazioni software nazionali. Applicazioni che siano in grado di trasferire i benefici di queste tecnologie alle attività produttive e valorizzino allo stesso tempo la nascita di nuove fabbriche del software nel nostro Paese. Solo così l’Italia potrà diventare l’hub europeo delle applicazioni software per l’IA.
Software gestionali IA per sostenere il sistema produttivo
Sotto questo profilo, preme precisare come non esista attualmente un settore dell’IA nel nostro Paese, se non per la costruzione degli LLM o di Chatbot quali i GPTs, ambito che peraltro richiede enormi investimenti ed è già presidiato dalle multinazionali estere. Motivo per cui, per poter sostenere in modo concreto il nostro sistema produttivo, si dovrebbe parlare dell’implementazione di software gestionali che rappresentano l’unico vero elemento abilitante per lo sviluppo delle tecnologie emergenti, a partire dall’IA. Perché grazie al loro utilizzo consentono alle imprese di raggiungere risultati, funzionalità e automatismi procedurali prima impensabili.
Sgravi fiscali per favorire la nascita di poli industriali del software
Tuttavia, per raggiungere questo ambizioso obiettivo è prioritario mettere in campo un piano di sgravi fiscali significativi per le nuove imprese tecnologiche che si stabiliscono in aree specifiche del Paese, favorendo così la nascita di poli industriali del software, in grado di generare benefici sia per le grandi aziende sia per le migliaia di PMI e micro aziende che possono supportare le attività di sviluppo in una logica di filiera.
Ma non solo. Questi poli del software dovrebbero favorire forme di partnership tra aziende ed enti di formazione per programmi di ricerca congiunti e formazione continua, in modo da facilitare l’ingresso dei giovani nelle aziende. In particolare, i poli del software dovrebbero avere il compito di potenziare i piani di formazione STEM di Università e ITS e offrire programmi di upskilling e reskilling per i lavoratori.
Sotto questo aspetto, sono molto utili i dati della ricerca “Intelligenza Artificiale nei software gestionali” presentata lo scorso luglio da AssoSoftware in collaborazione con SDA Bocconi School of Management, che ha confermato come nei prossimi anni l’IA darà un grande contributo all’accrescimento di conoscenza e competenze: proprio l’assistenza (62%) e la formazione (37%) saranno infatti, secondo le aziende intervistate durante la ricerca, due campi dove si vedranno maggiormente implementate nuove soluzioni grazie all’IA.
I potenziali benefici di un programma di attrazione di investimenti
I potenziali benefici di un programma di attrazione di investimenti sono enormi, con una stima di incremento del PIL tra 1 e 2 punti entro i prossimi cinque anni. In particolare, mettendo in campo delle decontribuzioni per ogni lavoratore con competenze STEM assunto, si prevede che in un triennio l’industria del software potrà occupare circa 500.000 nuovi lavoratori specializzati, tutti formati e residenti in Italia.
Per liberare queste energie è necessario che tutti gli attori coinvolti, dalla politica al mondo delle imprese, acquisiscano maggiore consapevolezza di questa grande opportunità e lavorino insieme per rendere l’Italia la “Silicon Valley” d’Europa.
Adozione dell’IA: Italia ancora indietro
Nonostante l’importanza riconosciuta all’IA e le sue molteplici possibili applicazioni, l’Italia è ancora indietro nell’adozione di queste tecnologie, come dimostrano i risultati della survey realizzata con la Bocconi: oltre il 60% delle aziende produttrici di software investe infatti solo tra lo 0% e il 5% del proprio fatturato in Intelligenza Artificiale, e appena l’1% destina più del 30% ad applicazioni legate all’IA.
Questo atteggiamento può essere letto in due modi: da un lato evidenzia la necessità di competenze adeguate, dato che l’adozione dell’IA implica la formazione del personale, l’adattamento dei processi esistenti e la ridefinizione delle strategie di business; allo stesso tempo c’è un problema di incertezza e complessità che impone di muoversi con cautela per tener conto di nuove normative e regolamenti, oltre che di questioni di etica, privacy e sicurezza mai affrontate in precedenza. Serve lucidità come ha evidenziato molto bene Mario Draghi in occasione della presentazione del report sulla competitività dell’UE: bisogna evitare un’eccessiva regolamentazione del settore, evitando di strangolare sul nascere una filiera – in particolare le PMI – in grado di portare innovazione e trasformazione all’interno del tessuto produttivo europeo.
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