Con la fattura digitale il paese cambia
La nostra competitività in un mondo globalizzato e molto agguerrito, al contrario di quello che sostiene Dario De Marchi in un articolo su questo quotidiano di qualche giorno fa, passa anche dalle innovazioni che le nuove tecnologie portano nel lavoro di tutti i giorni delle imprese e dei professionisti. La fatturazione elettronica è una di queste. Il legislatore ha avuto la lungimiranza di renderla obbligatoria per chi vuole avere rapporti di fornitura con la pubblica amministrazione. Nei primi sette mesi del 2015 quasi 15 milioni di fatture sono state inviate correttamente alla p.a. nel formato elettronico transitato dal sistema di interscambio (Sdi) gestito da Sogei e solo una aliquota fisiologica del 10% è stata respinta per i motivi più disparati e non necessariamente legati a fattori tecnici. Può voler dire, visto che siamo ancora in una fase di start-up, che entro il 2016 la totalità delle fatture p.a. saranno create e consegnate in modalità elettronica e che i quasi 2 milioni di pmi e professionisti che lavorano anche con il pubblico avranno acquisito competenze digitali che altrimenti si sarebbero sognati di apprendere.
Quanto vale tutto questo per il paese, al di là dei risparmi per lo stato? E le regioni, i comuni, gli ospedali che hanno iniziato a pagare le fatture pervenute correttamente in 30 o 60 giorni? Ci sono, a leggere i rapporti di Agid. L’associazione che presiedo ha reso possibile, quasi 15 anni fa, l’introduzione della telematica per l’invio delle dichiarazioni dei redditi degli italiani. Questa innovazione ha significato enormi risparmi per lo stato e una capacità di analisi dei dati da parte dell’amministrazione finanziaria impensabile con il «potere della carta», per i commercialisti, pur in questa incombenza intermediari dello stato, l’acquisizione di competenze digitali fondamentali per la categoria, divenuta la più avanzata tecnologicamente fra quelle professionali. Le grandi imprese non hanno bisogno dell’input dello stato per rinnovare le proprie competenze e attrezzature tecnologiche perché consentono loro efficienza e risparmi. Le categorie meno forti economicamente come le pmi e quelle più restie al cambiamento come i professionisti, se non ricevono un impulso determinante rischiano di rimanere al palo.
Le camere di commercio hanno messo a disposizione delle piccole imprese uno strumento gratuito per inviare fatture elettroniche alla p.a. che conta, a fine agosto (dati Agid) circa 37.000 aziende iscritte. Il Consiglio nazionale dei commercialisti (Cndcec), per consentire agli iscritti all’albo di assolvere all’obbligo normativo, ha stretto un accordo per la fornitura gratuita di 12 parcelle ogni anno e per ogni iscritto. In soli cinque mesi 15.000 commercialisti si sono iscritti al portale www.espando.it e 9.000 hanno inviato fatture proprio per l’estrema semplicità dello strumento che consente la firma online dei contratti di servizio, la memorizzazione degli articoli o delle prestazioni da usare per le successive parcelle, l’acquisizione automatica dei codici Ipa e delle anagrafiche complete degli uffici pubblici destinatari, un servizio di assistenza professionale e naturalmente la conservazione sostitutiva. Appare chiaro che le camere di commercio o l’Ordine dei commercialisti ci hanno visto bene, rendendo meno dispendioso e difficoltoso per gli iscritti adeguarsi alla normativa. Operazione che potrebbero e dovrebbero fare anche gli altri ordini professionali o associazioni se intendono aiutare le categorie che rappresentano, dai giornalisti agli avvocati o ai medici, tutti trarrebbero grandi vantaggi in termini di efficienza, ma perché no, anche di competitività. Non lasciare soli gli iscritti delle categorie nel scegliere gli strumenti tecnologici più adeguati in termini di affidabilità, funzionalità e semplicità di utilizzo è un altro degli obiettivi che possono essere perseguiti facilmente.
Presidente Assosoftware