di Roberto Bellini, direttore generale AssoSoftware

 

Di solito, per le aziende, e i loro dipendenti, la fine dell’anno è tempo di bilanci e, in generale, il momento di godersi il meritato riposo dopo il rush finale per raggiungere gli obiettivi. Alcune imprese fanno eccezione e tra queste, in particolare, le software house che sviluppano applicativi per adempimenti fiscali e contributivi. Per loro proprio questo periodo dell’anno è uno dei più critici perché si trovano spesso a fare i conti con novità normative che impatteranno sui loro clienti fin dal 1° gennaio del nuovo anno.

 

Tra le tante novità da annoverare per il 2018, una forse meno nota ma che toccherà tutte le imprese e i cittadini, è quella contenuta nell’articolo 13-quater, aggiunto in sede di conversione in legge del Dl 50/2017, che ha stabilito – con decorrenza dal 1° gennaio 2018 – la sospensione del conio, da parte dell’Italia, di monete metalliche di valore unitario pari a uno e due centesimi di euro.

Il citato articolo 13-quater ha anche fissato alcune regole per l’arrotondamento che prevedono, quando un importo in euro costituisce un autonomo importo monetario da pagare e il pagamento dovrà essere effettuato integralmente in contanti, un arrotondamento, per eccesso o per difetto, al multiplo di cinque centesimi più vicino. Quindi 0,1 e 0,2 centesimi verranno arrotondati a zero (per difetto), mentre 0,3 e 0,4 a 5 centesimi (per eccesso) così come 0,6 e 0,7 centesimi (per difetto). Invece 0,8 e 0,9 saranno arrotondati a 10 centesimi (per eccesso), e così via.

Della norma – nota anche come “emendamento Boccadutri”, dal nome dell’estensore – si è parlato nella stampa economica durante la pausa estiva e sembrava che il Governo, a seguito di alcuni rilievi contrari della Comunità europea, avrebbe fatto marcia indietro in sede di legge di bilancio, abrogando la citata disposizione. Alla data in cui scriviamo, invece, in base a quanto ci è dato sapere dell’iter parlamentare, non risultano emendamenti in questa direzione e quindi tutti dovremo prepararci ad affrontare questa piccola rivoluzione dal 1° gennaio 2018.

In pratica se un prodotto ha un prezzo di listino di 10,99 euro, alla cassa lo pagheremo 11 euro se pagato in contanti, mentre risparmieremo un centesimo se pagato con il bancomat o la carta di credito. Questo effetto che sembra di poco conto, considerati gli importi esigui di cui parliamo, in realtà apre una serie di problematiche e dubbi sui programmi software e sulle rilevazioni contabili che ora andremo sinteticamente a esporre.

Innanzitutto sembra chiaro che i documenti emessi prima del pagamento non subiranno modifiche, non sapendo come pagherà il cliente; dunque in questo caso il problema si sposterà al momento dell’incasso del corrispettivo con il risultato che l’importo incassato in contanti sarà diverso dal valore esposto nel documento per la differenza di arrotondamento.

Diversamente se il documento è emesso al momento dell’incasso, come nel caso dello scontrino o della parcella del professionista, il software o l’operatore dovranno rilevare la modalità di pagamento (contanti o moneta elettronica) ed effettuare automaticamente, se necessario, l’arrotondamento del totale con l’esposizione corretta dell’importo dovuto.

Se ci spostiamo nella fase di registrazione contabile i dubbi si moltiplicano a partire dalla necessità o meno di rilevare a conto economico il suddetto arrotondamento ovvero di considerarne solo gli effetti finanziari.
Inoltre nella contabilità semplificata, la disparità tra valore del documento e importo incassato/pagato potrebbe far nascere la necessità della doppia registrazione anche per quei soggetti che avevano optato per il cosiddetto regime del “registrato” proprio per evitare le scritture separate degli incassi/pagamenti.
Insomma a fronte di un risparmio per la Zecca dello Stato valutato in circa 20 milioni di euro all’anno legati al mancato conio delle monete da 1 e 2 centesimi (da compensare però con i costi del maggior conio di quelle da 5 centesimi), ci saranno i costi per le aziende e per i cittadini per la gestione della complessità introdotta, difficilmente valutabile, ma certamente non irrilevante.

C’è da sperare, a questo punto, che qualche mente illuminata si faccia carico del problema e proponga l’abrogazione della norma in legge di bilancio e che, se questo non fosse possibile, perlomeno si faccia chiarezza da subito sugli effetti e sui comportamenti corretti, in modo da permettere l’adeguamento tempestivo dei software a fronte di istruzioni chiare e in tempo utile per gli operatori.

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