I temi della settimana

BONOMI: OCCORRE FARE UN ESERCIZIO DI REALTÀ, PER IL PNRR SERVE IL 30% DI RISORSE IN PIÙ

“Sul Pnrr occorre un grande esercizio di realtà perché a parità di risorse, visto che l’Istat ha detto che sono aumentati i costi di produzione del 30% nell’ultimo anno, o rinunciamo al 30% di opere o dobbiamo mettere il 30% in più di risorse”. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, all’Assemblea degli industriali di Napoli ha espresso con chiarezza la necessità di rivedere il Pnrr, sia a livello nazionale che europeo. “L’Europa – ha detto – dovrebbe comprendere che c’è necessità di fare una manutenzione al Next Generation Eu, perché in 60 giorni è cambiato il mondo. La realtà dice che i costi di produzione sono aumentati e quello che sta succedendo nel mondo sta rallentando le catene della logistica, le prime gare sono andate deserte. Il Presidente è poi tornato sul caro energia, ricordando che da mesi Confindustria sta richiamando l’attenzione su questo tema e sulla necessità di mettere un tetto al prezzo del gas, per far fronte alla speculazione. “L’Arera ha in mano i contratti da più di un mese e non sappiamo ancora nulla”, mentre “Portogallo e Spagna lo hanno fatto. Siamo convinti che chi importa gas lo faccia in base a contratti pluriennali, a prezzi ben stabiliti. La realtà è che famiglie e imprese stanno pagando un’extra-bolletta, che è stimata dal Governo, guardando il Def, in qualcosa come 40 miliardi in sei mesi”, ha sottolineato. Inoltre, secondo Bonomi il Governo deve aprire un “periodo di riformismo competitivo, cioè quelle riforme che aspettiamo da 25-30 anni e che ci veniva raccontato che non si facevano perché non c’erano le risorse. Oggi le risorse ci sono, non ci sono più scuse per non farle”. Riforme che per il Presidente sono ostacolate dai partiti, perché “dalla legge di bilancio è iniziata la campagna elettorale, la battaglia delle bandierine e i distinguo. I percorsi delle riforme si sono interrotti, sono frammentati, perché i partiti non stanno consentendo al Governo di fare quegli interventi strutturali di cui abbiamo necessità per rendere il Paese moderno, efficiente, inclusivo, e per rispondere a quelle grandi diseguaglianze che da 160 anni questo Paese non affronta”, ha evidenziato. Secondo il Presidente “le due grandi partite dell’Italia, si giocano a Roma e nel Mezzogiorno. Dobbiamo avere la capacità di capirlo e fare gli interventi necessari. Ricordo che la destinazione del 40% di fondi al Sud nasce da una nostra richiesta che venissero identificate le risorse per il Mezzogiorno. È un piano straordinario che doveva servire come boost per la ripresa dopo al pandemia, ma soprattutto è un piano che deve incidere sulle disuguaglianze del paese, tra cui quelle territoriali”.

PROGETTO MARE, BLU ECONOMY STRATEGICA PER LA CRESCITA DEL PAESE. ISTITUIRE IL MINISTERO DEL MARE

L’Economia del mare è uno dei driver strategici per il rilancio, lo sviluppo e la crescita del nostro Paese”. È quanto emerge dal rapporto “Progetto mare”, realizzato da Confindustria insieme alle sue Rappresentanze associative del cluster marittimo-portuale, in cui sono state elaborate una serie di proposte su governance, riforme e semplificazioni amministrative, politiche industriali orientate alla transizione energetica e digitale, sviluppo infrastrutturale e intermodale, riqualificazione e rilancio della portualità turistica e sviluppo della filiera ittica. L’Economia del Mare è un comparto sul quale Confindustria ritiene più che mai necessario elaborare una strategia complessiva e specifica, valorizzandone le singole e già rilevanti potenzialità in una visione di sistema, contribuendo in modo significativo allo sviluppo e alla competitività, su scala produttiva e territoriale, dell’intero Paese. Ancor più in questa fase di grande incertezza e di criticità sistemiche, il ruolo dell’Economia del Mare resta e può diventare ancor più determinante per la sua funzione strategica multilivello, a cominciare dal nostro commercio internazionale che funziona prevalentemente attraverso il mare, non solo per quanto riguarda il nostro export, ma anche e soprattutto per l’import di fonti energetiche, materie prime, prodotti agricoli, semilavorati e prodotti finiti di diverso contenuto tecnologico, essenziali per alimentare le nostre filiere industriali, logistiche e commerciali, e i consumi. Inoltre, il mare è una leva strategica fondamentale per diversificare le fonti di approvvigionamento e i mercati di sbocco, anche in funzione dei cambiamenti geopolitici e geoeconomici in atto e di quelli futuri. Nel Progetto viene sottolineato che secondo gli studi della Commissione europea (The EU Blue Economy Report 2021), l’Italia nel 2018 vanta complessivamente per l’intero comparto un’occupazione di quasi 530 mila unità, un fatturato di 82,2 miliardi di euro, un valore aggiunto di 23,8 miliardi, profitti lordi per 10,7 miliardi e investimenti per 2,4 miliardi. Tra le proposte c’è, innanzitutto, l’istituzione del “Ministero del mare. “Il Progetto mare è il frutto di un lavoro di due anni”, ha affermato Vito Grassi, Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale e Vice Presidente Confindustria, aggiungendo che “la blue economy è sempre stata alla nostra massima attenzione e quindi, dopo averla individuata come uno dei driver strategici della crescita e dello sviluppo del Paese, abbiamo svolto un’azione di raccordo capillare, che ha interessato tutte le componenti della filiera. Il documento finale – ha commentato Grassi – è un ottimo spaccato, sia dello stato dell’arte sia di quello che può essere in prospettiva. Lo abbiamo già inviato al ministro per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, e lo condivideremo anche con le altre Autorità”.

ACCORDO INTESA-SANPAOLO, TAPPA IN EMILIA-ROMAGNA: 13,2 MLD ALLE IMPRESE DEL TERRITORIO

Ha fat­to tap­pa a Bo­lo­gna il road­show di pre­sen­ta­zio­ne del­l’ac­cor­do sot­to­scrit­to a ot­to­bre tra Con­fin­du­stria e In­te­sa San­pao­lo, con un pla­fond na­zio­na­le di 150 mi­liar­di di euro per pro­muo­ve­re lo svi­lup­po del si­ste­ma pro­dut­ti­vo ita­lia­no lungo tre di­ret­tri­ci: com­pe­ti­ti­vi­tà, in­no­va­zio­ne e so­ste­ni­bi­li­tà. Alle im­pre­se dell’ Emi­lia-Ro­ma­gna è de­di­ca­ta una li­nea di cre­di­to di 13,2 mi­liar­di in tre anni per fa­vo­rir­ne la di­gi­ta­liz­za­zio­ne e l’in­no­va­zio­ne, raf­for­zar­ne la strut­tu­ra fi­nan­zia­ria e pa­tri­mo­nia­le, po­ten­zia­re le fi­lie­re pro­dut­ti­ve e la tran­si­zio­ne am­bien­ta­le. Una leva fi­nan­zia­ria fon­da­men­ta­le per so­ste­ne­re quel­la ri­pre­sa che si era av­via­ta in modo ro­bu­sto dopo la pri­ma on­da­ta del­la pan­de­mia, ma che la guer­ra rus­so-ucrai­na ha bru­sca­men­te fre­na­to. L’in­cer­tez­za at­tua­le ri­schia di fre­na­re la pro­pen­sio­ne del­le im­pre­se a in­ve­sti­re. Da qui l’im­por­tan­za del­l’ac­cor­do: “È in­di­spen­sa­bi­le con­ti­nua­re a far ar­ri­va­re alle im­pre­se la li­qui­di­tà ne­ces­sa­ria per af­fron­ta­re le ten­sio­ni le­ga­te alla guer­ra e allo shock ener­ge­ti­co – ha spie­ga­to il Vice Pre­si­den­te Ema­nue­le Or­si­ni. Ma bi­so­gna an­che guar­da­re al fu­tu­ro e met­te­re le azien­de nel­le con­di­zio­ni di in­ve­sti­re per co­glie­re le op­por­tu­ni­tà of­fer­te dai pro­ces­si di tra­sfor­ma­zio­ne in atto”.