Per capire le grandi potenzialità pratiche della Ia applicata alla materia fiscale, basta provare a fare qualche ricerca in lingua italiana con «TaxGPT Italy»
Quello dell’intelligenza artificiale è uno dei temi di attualità più dibattuti e non fanno eccezione neppure le sue applicazioni in ambito fiscale. Ma al di là dell’illustrazione dei concetti generali e dei proclami sulle sue grandissime potenzialità, non è facile capire ancora oggi quali saranno concretamente in futuro i reali benefici per gli operatori.
Solo chi ha già provato a utilizzare – anche solo per diletto – uno dei vari chatbot già disponibili per l’elaborazione dei testi può forse intuirne le potenzialità.
I chatbot – lo ricordiamo per chi non li conosce – sono applicazioni dall’interfaccia molto semplice, basate su componenti software di intelligenza artificiale, che elaborano conversazioni umane scritte o parlate e che permettono di avere un’interazione realistica e conversazionale.
Alcuni produttori di banche dati fiscali hanno già implementato specifici chatbot nei sistemi di ricerca delle loro banche dati, con risultati sorprendenti in termini di velocità e completezza della ricerca rispetto a una tradizionale ricerca testuale.
Prova sul campo
A coloro che già hanno già provato a utilizzare il più famoso dei chatbot, “ChatGPT”, suggeriamo di provare a fare qualche ricerca in lingua italiana con “TaxGPT Italy” (lo si trova in rete solo con alcuni motori di ricerca, ad esempio con Bing) per capire le grandi potenzialità pratiche dell’intelligenza artificiale applicata alla materia fiscale.
La tecnica da utilizzare per porre le domande è sempre la stessa. Prima una domanda più generale per far capire al chabot in quale ambito operare, poi a seguire domande sempre più mirate fino a trovare il risultato desiderato. In tutto, con tre o quattro domande si arriva di solito al risultato.
Noi abbiamo provato a porre a TaxGPT Italy vari quesiti in ambito fiscale, anche molto complessi, e le risposte sono sempre state corrette ed esaurienti. Lasciamo ogni giudizio a chi vorrà provarlo.
Tra le varie interrogazioni, abbiamo posto al chatbot anche una domanda a carattere generale: «Vorrei sapere in quali ambiti dello studio professionale potrebbero essere utilizzati i chatbot» e questa è stata la sua risposta, generata in pochi secondi e riportata di seguito con il copia-incolla (con solo qualche taglio):
«I chatbot possono essere utilizzati in vari ambiti di uno studio professionale, inclusi studi di commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e altri professionisti. Ecco alcuni esempi concreti di come i chatbot possono essere integrati in uno studio professionale per migliorare l’efficienza e il servizio al cliente:
1. Assistenza clienti
– Risposte Immediate: Fornire risposte immediate alle domande frequenti dei clienti, come orari di apertura, modalità di contatto, e servizi offerti.
– Supporto 24/7: Assicurare un supporto costante ai clienti anche fuori dall’orario lavorativo.
2. Gestione degli appuntamenti
– Prenotazione automatizzata: Consentire ai clienti di prenotare, modificare o cancellare appuntamenti attraverso un’interfaccia chatbot, riducendo il carico di lavoro del personale di segreteria.
– Promemoria: Inviare promemoria automatici per gli appuntamenti via sms o e-mail.
3. Assistenza fiscale e contabile
– Risposte a domande frequenti: Fornire informazioni su scadenze fiscali, documentazione necessaria e procedure contabili comuni.
– Consulenza di base: Offrire consulenza di base su questioni fiscali e contabili, indirizzando ai consulenti esperti per questioni più complesse.
4. Automazione dei processi
– Raccolta documenti: Automatizzare la raccolta di documenti da parte dei clienti, come dichiarazioni dei redditi, fatture e ricevute.
– Integrazione con sistemi di gestione: Integrarsi con i software di gestione dello studio per aggiornare automaticamente le pratiche e i dossier dei clienti.
… a omissis …
Immagina uno studio di commercialisti che utilizza un chatbot per gestire le richieste dei clienti. Il chatbot potrebbe:
- Rispondere a domande sui termini di pagamento delle imposte
- Fornire istruzioni su come caricare documenti fiscali nel sistema dello studio
- Prenotare appuntamenti per consulenze specifiche
- Inviare notifiche ai clienti sulle scadenze imminenti per la dichiarazione dei redditi
… omissis …
Il risultato è che il chatbot già ora sa (da solo) che cosa si potrebbe fare in uno studio professionale.
È quindi piuttosto semplice intuire che vi saranno sicuramente impatti molto importanti e positivi sui gestionali prodotti dalle software house associate ad AssoSoftware, quando questi verranno completamente integrati con i nuovi componenti di intelligenza artificiale.
Prossime applicazioni
Lanciandoci in previsioni su un futuro non troppo lontano potremo immaginare applicazioni concrete, quale, ad esempio, la predisposizione del bilancio Ue, in cui quasi sempre si parte dall’elaborato dell’esercizio precedente e da lì si apportano i necessari correttivi. Grazie a specifiche implementazioni, si arriverà ben presto a un “assistente virtuale” che si affiancherà al professionista per creare l’intero bilancio e la nota integrativa, fornendogli solo le informazioni relative al nuovo esercizio. Questo bravo “assistente” sarà peraltro in grado di precederci, intuendo autonomamente, a partire dalle variazioni delle voci di bilancio e dai movimenti contabili che le hanno generate, i possibili accadimenti (anche congiunturali) e le relative cause e motivazioni.
Oppure ancora si pensi agli “importatori” di fatture elettroniche, che già ora utilizzano sistemi di autoapprendimento per riconoscere e codificare ciascuna fattura ai fini della sua registrazione contabile e Iva. L’evoluzione dei sistemi di autoapprendimento, con il passaggio da componenti realizzati con la programmazione tradizionale a quelli che utilizzano nativamente la tecnologia AI, porterà anche in questo caso ulteriori benefici ai sistemi di automazione, superando la fatidica soglia del 95% di riconoscimento degli attuali sistemi.
Quali saranno concretamente gli altri benefici dipenderà chiaramente da come ciascuna software house riuscirà a interpretare la nuova tecnologia e soprattutto dai suggerimenti e dalle richieste che verranno via via forniti dai clienti stessi.
Ovviamente sempre sotto la supervisione e il controllo del professionista il cui ruolo rimane sempre centrale e determinante per vagliare il lavoro degli “assistenti”, compresi quelli virtuali.